Carla Palazzo
A lettura ultimata, mi sembra doveroso esprimere il
ringraziamento più vivo e sentito a coloro che mi hanno dato la possibilità di
leggere un libro che ha suscitato in me commozione e ammirazione. L’analisi
lucida e rigorosa degli avvenimenti, nei quali pare che l’uomo abbia raggiunto
l’apice della malvagità, mi ha commossa fino alle lacrime e nello stesso tempo,
scorrendo via via le pagine, mi ha consentito di soffermarmi a riflettere sulla vita dell’autore, permeata
di onestà, rettitudine, amore alla famiglia, attaccamento al proprio dovere
professionale; ora il Dott. Gualtiero Marello non è più, eppure parla come
vivesse ancora. Ho scoperto in lui, grazie al suo linguaggio lineare, ma
penetrante, essenziale, ma intenso, le doti di scrittore che sa, coinvolgendolo,
calamitare l’attenzione del lettore.
È indubbio che le esperienze evidenziate dall'autore giungono alla nostra
coscienza come un monito a non ripetere le tragedie che sono avvenute per
volontà di pochi e nell'indifferenza di molti. Sembra trasparire tra le righe
qualcosa di ben più sottile e atroce degli orrori, dei soprusi,
dell’ingiustizia degli uomini: il “furto” dell’anima, la sottomissione assoluta
al più forte, la privazione della volontà, l’annientamento indotto dalle
torture morali, prima che fisiche. Il testo, che fortunatamente è stato dato
alle stampe, costituisce un prezioso tassello, degno di inserirsi del grande
mosaico della memoria; la memoria è un dovere, perché un popolo che non ricorda
è destinato a ripetere gli errori che ha dimenticato.
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