Guido Bodrato
Il tenente Marello aveva
raggiunto l’ospedale militare di Agrinion alla vigilia dell’8 settembre.
Non a caso i suoi appunti
iniziano con la cronaca della dissoluzione dell’esercito regio. Per molti storici l’8 settembre rappresenta la fine dell’idea di patria,
mentre per altri in quei giorni iniziano il riscatto morale dell’Italia e la
ricostruzione di quel sentimento nazionale che era andato distrutto col
fascismo. Quello di Marello è il racconto di un giovane ufficiale travolto
dallo sbandamento.
La dura vita del lager è descritta nella sua quotidianità,
nelle sue imprevedibili contraddizioni, nell'intreccio tra repressione e
mercato nero, tra il bisogno di sopravvivere alla fame e la volontà di
conservare qualche dignità. Di una dignità che è messa alla prova dall'adesione,
intesa come “partecipazione consacrata da un giuramento alle forze armate del
Reich, col beneficio di una certa libertà e del mangiare.”
Marello ricorda molti personaggi, italiani e tedeschi,
medici e cappellani, ufficiali e soldati, uomini e donne che reagiscono in modo
molto diverso alla situazione in cui si trovano. Questo è un aspetto che la
“storia ufficiale” in genere trascura. Eppure la storia è fatta di uomini,
delle loro virtù e delle loro debolezze, ed in certe circostanze queste sono le
cose che fanno la differenza e che danno la misura degli uomini, specie nella
sventura della prigionia, quando c’è chi muore di fame, non volendo morire, e
bisogna sopportare il tormento della nostalgia.
“Nella mia vita, scrive Marello,
quella greca è stata una parentesi”. Bisogna saper tornare alla vita e
ritrovare la speranza, come ha fatto l’Italia dopo la disfatta del fascismo.
Ma aggiunge subito che quella greca è
stata anche la prova del fuoco, la prova del diavolo, la prova di Dio. Ha
dovuto misurarsi fino in fondo con la propria coscienza, sorretto dalla fede
cristiana e dal ricordo della famiglia che lo aspettava.
Nessun commento:
Posta un commento