Marco Palmieri
Mario Avagliano
... Per
salvare quante più vite possibili tra i propri compagni, i medici-internati si danno
da fare per allestire sanatori, convalescenziari,
sale operatorie ed infermerie delle quali troviamo ampie tracce nei diari e
nelle lettere, oltre che nelle memorie successive. In Grecia, in uno dei campi dove
i tedeschi raccolgono i militari italiani sopravvissuti agli eccidi nelle isole
dopo gli episodi di resistenza e il drammatico trasporto via mare, il tenente
medico Gualtiero Marello, prigioniero numero 589, riesce ad ottenere dai
tedeschi nulla più
che qualche branda, un po’ di coperte e una piccola quantità di medicinali
indispensabili.
“L’infermeria
– annota Marello nel suo diario – è adattata in un camerino ripostiglio, di
fronte al cancello d’entrata del padiglione principale. Deve funzionare per oltre
duemila uomini, tutti in pietosissime condizioni.
Trovo un po’ di paglia stesa a terra e già una trentina d’ammalati adagiati, in
preda per la massima parte ad enterocoliti sanguinolente. Alcuni infermieri hanno
iniziato, con le poche medicine che sono riusciti a portare seco, la loro opera
di assistenza, medicando con mezzi di fortuna le innumerevoli piodermiti, escoriazioni
e le ferite; poi, per il dilagare delle forme tipicamente dissenteriche e per i
numerosi casi di indubbia gravità”.
Con
l’affollarsi del campo, la situazione si fa più drammatica: “Scabbia
spettacolare, diffusa a tutto il corpo, con spettacolare devastazione e
deformazione d’organi per complicazioni sopravvenute; piaghe enormi infette,
articolazioni gonfie e deformi, ulcere laceranti monumentali, peni in cancrena,
foruncoli ovunque, accessi malarici in atto, e pidocchi e pidocchi. Dio, quanti
pidocchi, grossi, enormi, e quanta sporcizia, quanta miseria”.
La
ricerca storica su questi temi, negli ultimi anni ha fatto notevoli passi
avanti. In particolare, per quanto riguarda gli oltre seicentomila militari internati
nei lager o avviati al lavoro coatto per aver rifiutato di aderire all’esercito
tedesco e a quello della Repubblica Sociale Italiana, agli studi approfonditi e
dettagliati di due autori tedeschi, Gerard Schreiber e Gabriele Hammermann,
hanno fatto eco quelli degli italiani Giorgio Rochat, Nicola Labanca, Claudio
Sommaruga ed altri.
Ma,
come lo stesso Sommaruga va sottolineando da tempo, la ricostruzione storica di
tale vicenda presenta ancora ampie lacune e temi praticamente inesplorati, innanzitutto
a causa della scarsa disponibilità delle fonti d’archivio, volontariamente distrutte
dai nazisti, andate perdute tra Germania e Italia o disperse tra milioni di
documenti relativi a tutti i militari impegnati nel secondo conflitto mondiale.
Con
il passare degli anni, inoltre, si assottiglia anche il numero di ex-IMI ancora
in vita e in buona salute, ai quali ricorrere per chiarire, spiegare e
decifrare questioni e fatti di quel periodo.
Ai diari e alle lettere, dunque, uniti alla ricerca
storica, va il merito di restituirci frammenti salienti di questa storia.
In "Rassegna" ANRP n. 10/11/12 Anno XXIX ottobre-dicembre 2006
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