giovedì 30 aprile 2015

Nessuno deve dimenticare

Buongiorno Signor Alberto,
Il suo recapito e-mail mi è stato gentilmente dato da Marco Ficarra. Sono Borsieri Ilaria la nipote di Lepri Mariano, ex internato militare italiano. Mio nonno ha fatto parte della Divisione Casale e da quello che ho letto sul blog "8 settembre 1943" credo che Mariano abbia svolto lo stesso iter militare in Grecia di suo padre Gualtiero.
Leggere quel post mi ha commosso molto, ammiro la sua decisione di aver fatto stampare a sue spese le memorie di suo padre, e come lei sono orgogliosa di mio nonno che ha lottato sempre per gli ideali di libertà, di pace contro ogni forma di razzismo e di guerra.
Anche io ho finito l'anno scorso di scrivere un libretto sulla vita di mio nonno e spero di realizzare il mio sogno di una possibile pubblicazione anche se non escludo di stamparlo a mie spese, prima o poi.
Sono da anni interessata alla storia dei Lager e della Deportazione, ho collaborato e sono in contatto con le associazioni dei reduci e degli ex internati e qualche anno fa ho ritrovato, tramite un lungo lavoro di ricerca, un amico di prigionia del nonno, con la famiglia del quale sono tutt'ora in contatto.
Ho scritto alla casa editrice del libro da lei pubblicato poiché mi interesserebbe molto leggerlo e poter immaginare che suo padre e mio nonno potessero essersi conosciuti. Spero che mi rispondano e di poter leggere le vicende di suo padre. Sperando di ricevere una sua risposta, la saluto cordialmente e visto l'approssimarsi della Santa Pasqua le invio anche tanti auguri,
Borsieri Ilaria

Che bella sorpresa!
Ti confesso che quando decisi di pubblicare il diario di papà, con l’aiuto di internet e di tutte le sue potenzialità, vi fu un periodo di desiderosa ricerca di coloro che condivisero quei tragici momenti. Anche se gli indizi erano pochi, a volte solo il nome e cognome, l’indagine risultò efficace e riuscii a contattare figli e i nipoti. In un caso sentii, in un commovente colloquio telefonico, l’infermiere Vanucci di Riccione; era anch’egli internato con papà al campo numero 2 di Atene. Pochi giorni dopo avergli inviato il libro ricevetti una sua telefonata mista di commozione  e pianto. La telefonata si chiuse con “nessuno deve dimenticare, tuo padre è stato interprete di un eroismo quotidiano, nessuno deve dimenticare storie come quelle del dott. Marello. Non lo sentii più.
In allegato ti invio l’organico dei militari internati  di servizio all'infermeria del concentramento Dulag. 135 di Atene. Altri nomi come Pincelli, Sabbatani, Suzzi, Orta, Fontanili, sono stati compagni di viaggio dall’inizio della prigionia cominciata il 9 settembre 1943. Quanti altri, compreso tuo nonno, si diressero da Agrinion verso le paludi di Missolungi e poi destinazione Atene!
La casa editrice Espansione Grafica sas , Reg. Perno 147-148 - 14033 Castell'Alfero (AT) - tel. 0141 405744 - 0141405777 fax.0141 405052 info@espansionegrafica.it dovrebbe soddisfarti. In caso contrario, su tua richiesta, mi attiverò personalmente per fartelo avere. In ultimo, ma non so dove abiti, il libro è stato distribuito in varie biblioteche, associazioni e istituti della resistenza.
Sul “libretto” che vuoi pubblicare io ti sostengo e ti incito perché nessuno deve dimenticare storie come quelle di Lepri Mariano.
Tanti auguri di Buona Pasqua
Alberto Marello

 http://www.astilibri.com/cultura/prigioniero_589.htm



Gualtiero Marello 

PRIGIONIERO 589
 
editore ESPANSIONE GRAFICA 
edizione 2002 
pagine 160 
formato 15x21 
brossura con alette 
tempo medio evasione ordine 
2 giorni 

15.00 € 


lunedì 27 aprile 2015

Foto d'epoca raccontano il diario e le lettere di prigionia.

Le fotografie mi sono state inviate dall'amico Dimitris Mourkas

Agrinion è divenuta sede del Comando dell’VIII° Corpo di Armata e sede del comando di una divisione tedesca. Il territorio, su cui si estende la giurisdizione di tali comandi, è molto vasto.


L' ospedale della divisione ad Agrinion


1943 La piazza centrale di Agrinion


"Il viaggio si compie lento, monotono, se monotono può essere. La desolata campagna greca, i miseri villaggi, la folla incolore del popolo. Ripasso per la Venezia della Grecia, Attolikon: un insieme di casupole su palafitte in mezzo" alle paludi formate dal mare. Paesaggio senza storia e senza poesia. La storia passata non conta più, ad Attolikon regna la malaria e la morte.


Attolikon


Due carabinieri nella foto


La stazione ferroviaria di Attolikon con un soldato italiano



La Divisione fanteria "Casale" nella città di Missolungi

Missolungi è una cittadina greca senza alcuna pretesa: tipicamente greca nella povertà. Per giungervi dal mare, bisogna superare per lungo tratto dei bassifondi, lungo una rotta obbligata segnata da boe. Nei pressi della costa, ampie zone paludose sono delimitate da strette strisce di terra ricoperte d'erba e di sterpaglie, su cui vivono la loro grama vita poche famiglie nelle capanne di fango e canne"




"Un pontile di legno ed una banchina in muratura sono l'unica attrezzatura del piccolo porto; un capannone è la sola importante costruzione. "




1941 - Il porto di Missolungi

Sotto la capace fronda di un secolare albero collochiamo i nostri letti e, prima fra tutte le cose, provvediamo per le zanzariere. Gli ulivi di Missolungi sono famosi per avere donato la malaria, in prevalenza perniciosa, a migliaia di nostri soldati. Non v'è altro mezzo per difenderci: porci al riparo di una sicura zanzariera, dalla prima sera al mattino. 


Camion italiani a Missolungi sotto gli ulivi

Nel nostro campo, come in tutti i campi vicini, è un continuo pellegrinaggio di contadini greci, di povere creature, di pezzenti, di miserabili, uomini e donne che sbucano da tutte le parti, alla ricerca di qualunque oggetto o recando polli o uova da vendere o da commutare.


L'infermeria è collocata nella caserma di S. Attanasio. C’è un servizio d’ambulatorio con lo scopo di stabilire l'idoneità o meno dei soldati, che si dichiarano ammalati, ad affrontare le fatiche della marcia.


La caserma di S. Attanasio c'è ancora ed è campo dell'esercito greco


domenica 26 aprile 2015

Una toccante pubblicazione


Card. Angelo Sodano

Preg.mo e caro Sig. Marello,
Ho ricevuto con molto piacere la cortese lettera, con la quale Ella, ha voluto inviarmi una copia del Suo libro dal significativo titolo "Prigioniero 589", contenente i sofferti appunti che Suo Padre, l'indimenticabile Dott. Gualtiero, ha redatto durante la prigionia patita in Grecia, durante la II Guerra Mondiale.
Mentre esprimo sentiti ringraziamenti per il cortese pensiero, desidero manifestarLe vivo compiacimento per la bella iniziativa, con la quale ha voluto giustamente onorare un uomo buono e un generoso servitore della Chiesa, che anch'io ricordo con ammirazione. Auspico, inoltre, che quanti leggeranno le pagine della toccante pubblicazione siano spronati ad onorare il benemerito Dottore, coltivandone la memoria e imitandone gli esempi.
Insieme con l'augurio di ogni bene, mi è gradita la circostanza per inviarLe un cordiale saluto.

sabato 25 aprile 2015

La storia è fatta di uomini


Guido Bodrato

Il tenente Marello aveva raggiunto l’ospedale militare di Agrinion alla vigilia dell’8 settembre.
Non a caso i suoi appunti iniziano con la cronaca della dissoluzione dell’esercito regio. Per molti storici l’8 settembre rappresenta la fine dell’idea di patria, mentre per altri in quei giorni iniziano il riscatto morale dell’Italia e la ricostruzione di quel sentimento nazionale che era andato distrutto col fascismo. Quello di Marello è il racconto di un giovane ufficiale travolto dallo sbandamento.

La dura vita del lager è descritta nella sua quotidianità, nelle sue imprevedibili contraddizioni, nell'intreccio tra repressione e mercato nero, tra il bisogno di sopravvivere alla fame e la volontà di conservare qualche dignità. Di una dignità che è messa alla prova dall'adesione, intesa come “partecipazione consacrata da un giuramento alle forze armate del Reich, col beneficio di una certa libertà e del mangiare.”  

Marello ricorda molti personaggi, italiani e tedeschi, medici e cappellani, ufficiali e soldati, uomini e donne che reagiscono in modo molto diverso alla situazione in cui si trovano. Questo è un aspetto che la “storia ufficiale” in genere trascura. Eppure la storia è fatta di uomini, delle loro virtù e delle loro debolezze, ed in certe circostanze queste sono le cose che fanno la differenza e che danno la misura degli uomini, specie nella sventura della prigionia, quando c’è chi muore di fame, non volendo morire, e bisogna sopportare il tormento della nostalgia.

“Nella mia vita, scrive Marello, quella greca è stata una parentesi”. Bisogna saper tornare alla vita e ritrovare la speranza, come ha fatto l’Italia dopo la disfatta del fascismo. Ma  aggiunge subito che quella greca è stata anche la prova del fuoco, la prova del diavolo, la prova di Dio. Ha dovuto misurarsi fino in fondo con la propria coscienza, sorretto dalla fede cristiana e dal ricordo della famiglia che lo aspettava.

In presa diretta


Guglielmo Visconti

Ora ti affido questi ricordi che sono scritti solo per te… A te mia Nini…
Nini, la sposa, li riceve, li legge e rilegge ed è come sentire accanto e riabbracciare Gualtiero. Li custodisce con amore anche quando Gualtiero finalmente è restituito a lei e ai figli e le vive accanto. Continua a custodirli, e con più intenso affetto, nei lunghi anni della vedovanza, dal 1971 al 1999, quando i figli si inoltrano nella vita e nella professione e formano nuove famiglie.
A distanza di quasi sessant'anni da quando furono scritti sono ora anche nelle nostre mani. Nelle mani di quanti Gualtiero hanno conosciuto da vicino, e son sempre meno, e dei tanti che di persona e da vicino non l’hanno conosciuto, ma desiderano far memoria di quegli anni, desiderano soprattutto ascoltare in presa diretta i testimoni di quegli eventi, soprattutto quelli che come Gualtiero hanno pagato di persona con ammirevole coerenza e limpidezza di coscienza. Eventi che pur lontani son sentiti come parte viva delle nostre radici.
Sono appunti scritti in uno stile essenziale, umanamente intenso, che conferisce ad essi la capacità di comunicare con immediatezza e di coinvolgere il lettore. Sono testimonianza limpida e schietta di grande umanità e di fede profonda. Si percepisce immediatamente che in Gualtiero l’uomo e il credente non sono semplice sovrapposizione, ma sono solida unità che garantisce consistenza interiore alla persona e la apre a relazioni umane intense ed autentiche.




domenica 19 aprile 2015

Il passaggio per l'inferno



Carlotta e Alberto Guareschi

Gentilissimo dottor Marello, 
da anni raccogliamo testimonianze e documenti sulla vicenda degli Internati Militari, e abbiamo messo insieme un archivio "sentimentale" al quale teniamo moltissimo. Stiamo leggendo gli "appunti di prigionia" di suo padre: sono pagine belle, precise e importanti, perché oltre ai fatti , visti con chiarezza, precisione e intelligenza, raccontano e spiegano quella tempesta che sconvolse le vite di tanti giovani e che li mise davanti a una scelta per niente facile. Immaginiamo quello che avete provato leggendo, riga dopo riga, il passaggio per l'inferno dei Lager. Come molti figli di ex internati ci sentiamo in un certo senso "derubati" proprio da nostro padre, di una parte del suo passato, per quella forma di "rimozione" comune a tanti di loro (..non parlerò ... non comprenderebbero nulla"...). Rimozione che aveva contagiato anche nostra madre: non ci hanno mai parlato delle sofferenze di quel periodo, al massimo ricordavano gli espedienti e le difficoltà della vita di tutti i giorni, probabilmente per il timore di caricare sulle spalle di noi figli il peso del dolore e dell'angoscia provati.
Leggendo diari come quello di suo padre si finisce per volergli bene. Era proprio un galantuomo all'antica. Sapesse quante cose comuni al nostro abbiamo trovato: la fiducia nella Provvidenza, alla quale si affidavano e sulla quale contavano per sopportare il peso di quella che ritenevano una giusta scelta, con tutte le incognite che comportava, l'ironia buona nell'annotare le debolezze dei compagni, ad esempio il tormento più che della fame, della paura della fame, la fermezza incrollabile.
Avete fatto bene a pubblicare questo diario. E' il modo giusto per far conoscere questo episodio unico nella Storia per il numero di coloro che hanno dato vita a questa Resistenza senza armi, per la durata, per i principi che hanno determinato la scelta dei reticolati. Ma tutte queste cose lei le conosce benissimo. Ci permetta di inviarle questi "Ricordi speciali" anche nelle condizioni dolorose e drammatiche nelle quali hanno vissuto, i nostri cari "non hanno vissuto come bruti".
Con sincera amicizia.

giovedì 16 aprile 2015

burbera affettuosità


Marina Bodrato

Caro Alberto, ho avuto da Guido il diario di prigionia di tuo padre. hai fatto bene a recuperarlo - so che non è stata un'impresa facile - e ti fa onore. Un papà come il vostro merita dei figli così. 
L'ho letto con emozione, ricevendone una carica di forza e serenità, per cui mi sono sentita straordinariamente aiutata ad affrontare le piccole difficoltà, ma anche quelle più grandi della fatica di vivere.
Di Gualtiero ho un ricordo vivo di burbera affettuosità (tenerissimo sempre con la vostra dolcissima mamma). La piacevole sensazione di simpatia per loro non s'è più cancellata.
Il suo diario è stata una rivelazione ulteriore di quanta dirittura, profondità e ricchezza fosse capace il suo cuore. Ci sono pagine che ti partecipano lo strazio di tanta sofferenza, altre attente alla poesia aspra di una terra che nel nostro immaginario è quella della Filosofia, dell'Arte e che lui sperimentò nella miseria dei prigionieri e di un popolo ridotto allo stremo, in cui si salvava forse solo la istintiva generosità delle sue donne.
Il racconto di vostro padre conferma quanto lessi anni fa - ed ho dimenticato l'autore! - in "L'armata Sagapò", italiani Casanova e greche generosissime amanti. Ma nel libro di Gualtiero c'è molto di più: c'è uno sguardo attento ai suoi compagni, non nemico a nessuno, nella struggente nostalgia per la sua Nini, la sua famiglia e la patria. E c'è un occhieggiare di stelle ed uno stormire di fronde che hanno il sapore della poesia greca ... ma d'ogni tempo e d'ogni luogo a saperla accogliere in sé. 

mercoledì 15 aprile 2015

Pazientemente


Carlo Currado

Sono stato collega e buon amico del dott. Marello. Lui aveva qualche anno meno di me e credo di averlo giudicato molto positivamente per quanto valeva dal punto di vista morale, umano e professionale fin dai primi tempi dei nostri rapporti. La lettura dei suoi appunti di prigionia mi ha confortato al massimo grado del mio lontano giudizio. Non era Gualtiero soltanto un medico colto e capace, ma sopratutto un modello di bontà; era veramente il buon medico, quello che oltre alla fatica e i sacrifici suoi personali, dovuti all'esercizio quotidiano della professione, ascolta pazientemente e lungamente il malato il quale ha spesso tante domande da rivolgerci per risolvere i propri dubbi. E’ certo che come buon medico sapeva parlare al malato, con chiarezza e semplicità e pazienza, in modo da conquistarsi la sua fiducia che è alla base della speranza. Come medico sapeva dire anche parole di conforto ed addirittura di rassegnazione. Questo era il dottor Marello. Aveva alla guida del suo operare un grande amore per il prossimo sofferente dettato dalla sua ferma fede in Dio. 

martedì 14 aprile 2015

Il destino volle


Vittorio Brandi - 37^ Sezione di Sussistenza Divisione Piemonte - classe 1920. Magazzini logistici del presidio.

Egregio dottore, sono un reduce della prigionia in Grecia. Ho letto il libro da lei pubblicato ad esaltazione della alta missione umanitaria e del profondo senso del dovere militare di suo padre nei campi della sofferenza e della speranza. Posso rendere testimonianza diretta di quanto suo Padre ha vissuto e operato essendo stato anch'io nel Campo di Concentramento di Patrasso prima e poi ricoverato nel locale ospedale da campo insieme ai malati e ai feriti provenienti dai combattimenti dell’isola di Cefalonia.
Il destino volle che le mie forze giunte quasi agli estremi venissero risollevate grazie al rimpatrio a Trieste, insieme agli sventurati della Divisione Acqui, con la nave ospedale “Gradisca”: quella nave bianca che suo padre proveniente da Missolungi, nel viaggio verso il canale di Corinto, notò nel porto di Patrasso.
Or sono trascorsi circa sessant’anni, quasi il ricordo di quei tristi giorni si era mescolato con la nostalgia di una giovinezza non trascorsa ma pur sempre giovinezza.
È con la lettura del suo libro che questi ricordi sono balzati fuori improvvisi sentendone l’ansia e l’angoscia di allora. Ma quando si ha coscienza di aver adempiuto al proprio dovere e di non aver recato danno ad alcuno è bello ricordare - senza rancore - le cose tristi e accettarle come le hanno accettate chi meno fortunati di noi non sono più tornati.
Con profonda stima e cordiali saluti.

sabato 11 aprile 2015

Il furto dell'anima


Carla Palazzo

A lettura ultimata, mi sembra doveroso esprimere il ringraziamento più vivo e sentito a coloro che mi hanno dato la possibilità di leggere un libro che ha suscitato in me commozione e ammirazione. L’analisi lucida e rigorosa degli avvenimenti, nei quali pare che l’uomo abbia raggiunto l’apice della malvagità, mi ha commossa fino alle lacrime e nello stesso tempo, scorrendo via via le pagine, mi ha consentito di soffermarmi  a riflettere sulla vita dell’autore, permeata di onestà, rettitudine, amore alla famiglia, attaccamento al proprio dovere professionale; ora il Dott. Gualtiero Marello non è più, eppure parla come vivesse ancora. Ho scoperto in lui, grazie al suo linguaggio lineare, ma penetrante, essenziale, ma intenso, le doti di scrittore che sa, coinvolgendolo, calamitare l’attenzione del lettore.
È indubbio che le esperienze evidenziate dall'autore giungono alla nostra coscienza come un monito a non ripetere le tragedie che sono avvenute per volontà di pochi e nell'indifferenza di molti. Sembra trasparire tra le righe qualcosa di ben più sottile e atroce degli orrori, dei soprusi, dell’ingiustizia degli uomini: il “furto” dell’anima, la sottomissione assoluta al più forte, la privazione della volontà, l’annientamento indotto dalle torture morali, prima che fisiche. Il testo, che fortunatamente è stato dato alle stampe, costituisce un prezioso tassello, degno di inserirsi del grande mosaico della memoria; la memoria è un dovere, perché un popolo che non ricorda è destinato a ripetere gli errori che ha dimenticato.


mercoledì 8 aprile 2015

Riconoscenza

A San Marzanotto una lapide in ricordo di Gualtiero Marello

                 

La nuova provincia

Si è svolta martedì la cerimonia di intitolazione del parco della Rimembranza di San Marzanotto alla memoria del dottor Gualtiero Marello (1906-1971), medico e benefattore della frazione. I rappresentanti della Circoscrizione San Marzanotto - Valle Tanaro, insieme alla Pro loco e al Gruppo alpini, hanno scoperto una targa commemorativa e letto un brano tratto dal libro "Prigioniero 589 - appunti di prigionia di un tenente medico", una raccolta di momenti di vita che il dottor Marello ha vissuto in un campo di concentramento tedesco in Grecia, e che il figlio Alberto ha pubblicato nel dicembre 2002. Alla cerimonia che si è svolta in occasione della festa di Ognissanti, hanno partecipato diverse autorità, tra cui il sindaco Vittorio Voglino, l'onorevole Giorgio Galvagno e il consigliere regionale Mariangela Cotto. 




lunedì 6 aprile 2015

Medico e basta

Prigioniero 589


appunti di prigionia di un tenente medico
di Gualtiero Marello
a cura di A. Marello, Casa ed. Espansione Grafica, Asti, 2002



Noi dei Lager
Alessandro Ferioli

Il diario coevo del Ten. Me. Gualtiero Marello (astigiano, 1906-1971), catturato ad Agrinion in Grecia dopo l'8 settembre, costituisce una testimonianza di prim'ordine sull'internamento, il cui ingresso nel panorama editoriale è da considerare molto positivamente. Per lui il problema dell'adesione non si pone neppure, tanto è irreversibile la sua presa di posizione: «Medico e basta». Nelle infermerie del dottor Marello - nel Dulag 135 di Atene, nel campo n. 2 e nell'ospedale 536 - entra tutto l'esercito italiano, consentendo al medico di venire a conoscenza delle vicende armistiziali nelle diverse zone dei Balcani e delle isole. Arrivano i resti della Divisione Acqui, preceduti da particolari misure di sicurezza affinché nessuno possa comunicare con loro: «Dire l'impressione che mi fanno è impossibile. Dire le condizioni in cui si trovano è, per quanto mi sforzi, sempre al di sotto del reale». Marello poi riesce a parlare con loro e raccoglie tutte le voci: e certo di una resistenza «parziale, non totalitaria» (come sembra ormai storicamente acclarato, in difformità dalla vulgata comune) e non annota mai nulla sul referendum che sarebbe stato indetto dal gen. Gandin. Oltre a questi Marello rac­coglie i racconti dei reduci di Rodi e di Lero, e le narrazioni delle sevizie praticate dai tedeschi: «Ad Agrinion gli italiani si sottopongono a questa prova: a regione glutea scoperta, piegati sulle gambe, sopra un recipiente pieno d'acqua gelata; le braccia sono distese e devono sorreggere in equilibrio un pesante bastone. I tedeschi che presiedono a tali sedute godono di una gioia matta per l'immancabile tuffo nel recipiente». I soldati provenienti dal campo di Titorrea, affidato alla custodia dei liberi arabi, gli confidano invece con terrore le sevizie sessuali subite nei gabinetti. Marello, pur predisposto per missione professionale alla comprensione, è sempre netto nei giudizi, e non salva ufficiali superiori pavidi, cappellani licenziosi, propagandisti fascisti (come un capitano che il giorno di Pasqua gli rivol­ge le parole: «Sia questo giorno anche per voi giorno di resurrezione; rinnovatevi, superate il fosso che vi separa da noi; risuscitate!»). Poi, dopo l'arrivo degl'inglesi, tutti i gatti tornano neri, e gli ex aderen­ti sono i primi a farsi passare per resistenti: «Chi ha pianto ha pianto, chi ha goduto ha goduto - chio­sa Marello - La sofferenza, non lo ripeterò mai a sufficienza, che il prigioniero ha veramente sofferto è stata ancora una volta ironicamente beffata dalla vita goduta, spregiudicata e viziosa». E in effetti è stato proprio così.

domenica 5 aprile 2015

un uomo forte

Appunti di prigionia di un tenente medico


Ancora un libro per non dimenticare 


provincia granda
Giuliana Bagnasco

In occasione della commemorazione dell'eccidio di Cefalonia, avvenuta nel marzo del 2001, dove furono trucidati 6500 soldati italiani che si erano rifiutati di aderire alla Repubblica di Salò, il Presidente Ciampi sostenne che li si scrisse il primo atto della Resistenza ed ammonì affinché le pagine della sofferenza della popolazione greca e dei prigionieri non restassero marginali nei manuali di storia. Pertanto la pubblicazione del diario di prigionia di un tenente medico astigiano, decisa con devota tenerezza da un figlio, si inserisce a pieno titolo nell'urgenza di recuperare alla memoria storica collettiva tutte le testimonianze che concorrono a comporre l'agghiacciante quadro di un periodo drammatico della storia d'Italia.
Il volume è nato come atto d'amore verso il padre internato in un campo di concentramento tedesco in Grecia, che aveva annotato le sue riflessioni alternando elementi di cronaca ad un breviario d'amore destinato alla moglie, vestale dei ricordi familiari.
Emerge il ritratto di un uomo dal solido cammino spirituale, dai modi tipici di un galantuomo all'antica, il "Medico dei poveri", come lo definiscono i due prefattori, dotato sicuramente di una forte tempra morale e di una mente agile capace di stabilire connessioni tra gli eventi, intuire gli sviluppi di una situazione, ma soprattutto improntata ad una profonda pietà verso l'umanità sofferente compagna di viaggio, inoltre viene delineato uno scorcio di storia patria desolante e crudo per l'umiliazione patita dai soldati nell'impotenza di agire. I militari italiani sorpresi dall'armistizio in Grecia, nello sbandamento generale, nella più totale assistenza di referenti, potevano scegliere tra il collaborazionismo con i tedeschi, la via della resistenza armata o restare fedeli alla missione per la quale erano stati chiamati, nel caso in questione, esercitare la professione medica. E' quest'ultima la scelta del tenente Marello.
L'ospedale militare viene mandato verso Atene e il lager 135. Le località interessate sono Agrinion e Missolungi: zone malariche, paesaggi senza storia e senza poesia.
Marello non tende al giudizio, si attiene alla quotidianità del suo vissuto lasciando emergere l'angoscia dei prigionieri vittime delle angherie tedesche e dei greci che nei campi, speculando sulla pelle degli internati vogliono commerciare ("la calata dei falchi"). Vede i resti della divisione Acqui nello spostamento da Cefalonia e Corfù e a quelle "parvenze d'uomini", a quelle creature delle quali la vita si è dimenticata, va tutta la pienezza della sua fede cristiana, nutrita di pietà e di preghiera.
La cronaca della giornata è scandita dal mercato nero, fruttuoso per i soldati tedeschi che scambiano merci con gli scugnizzi ateniesi, dalle perquisizioni continue delle S.S., dalla scabbia, dall'assalto dei pidocchi, dalla terribile ferocia delle incursioni nel porto del Pireo, ma soprattutto la fame ("si mangiava in pitali di smalto scrostato o dentro scatole di latta patate e carote secche").
Sono sovrumani gli sforzi per non cedere allo sconforto, è la commiserazione profonda per i moribondi, là dove il medico era impossibilitato ad agire, a neutralizzare il proprio dramma e penetrare in quello di giovani "la cui tragedia non aveva bandiera né nazionalità, ma era solo dolore disperato e rassegnato".
Quando arriva la liberazione e l'ospedale diventa la casa di tutti, per il tenente medico Marello quei pensieri, a lungo trattenuti dal timore di non poter tornare all'amata consorte e ai figli, fluttuano in libertà e sulla pagina si incidono gli umori, i patimenti, i sussulti d'amore per la vita, le accensioni del cuore, i sogni coltivati e repressi nella lunga attesa, i propositi di un uomo forte, saggio, umile, compassionevole.     

Ricordare Conoscere Riflettere

Gli scritti raccolti dal figlio Alberto

La prigionia di un tenente

Il diario di Gualtiero Marello in Grecia nella seconda guerra


La nuova provincia
Aldo Gamba


E' stato presentato sabato 11 gennaio nel salone parrocchiale di San Marzanotto il libro "Prigioniero 589" (ed. Espansione grafica). Il volume curato da uno dei figli dell'autore, Alberto, comprende il diario che Gualtiero Marello, allora tenente medico, scrisse durante i mesi della sua prigionia in Grecia, al tempo della seconda guerra mondiale, dal 9 settembre 1943 (e quindi dal giorno successivo l'armistizio) sino al novembre 1944, quando i militari furono rispediti in patria; la guerra sembrava finita, ma l'Italia era ancora attesa da lunghi mesi di lotta partigiana. Marello tornò ad Asti soltanto nell'estate del 1945.
Gualtiero Marello era nato a Cremolino nel 1906; quando i fatti della guerra lo portarono in Grecia aveva 37 anni, era sposato da cinque con Angela Delfino, "Nini", e dal loro matrimonio erano nati due figli, Paolo ed Enrico (altri nasceranno dopo il termine del conflitto); la sua professione era quella di medico condotto nel comune di Asti. Era anche attivo in seno all'Azione Cattolica - e questa sua profonda convinzione religiosa influenzerà anche le scelte che dovette compiere in prigionia - tanto che dopo la guerra sarà fondatore e per vent'anni presidente del gruppo Laureati nell'ambito dell'associazione. Ad Asti, dove molti ancora lo ricordano, era detto il "medico dei poveri" per l'abnegazione e l'umanità con cui svolgeva la sua missione. 
In qualità di tenente medico fu inviato in Grecia, ad Agrinion, proprio nei giorni in cui l'Italia firmava l'armistizio con gli alleati e a pochi chilometri di distanza stava per avvenire l'immane tragedia di Cefalonia e Corfù. Anche Marello e i suoi compagni dovettero affrontare il dilemma se passare con i tedeschi, combatterli, darsi alla macchia: la risposta, si legge nel diario, fu unanime: "restare coerenti con la missione di medici". E, di conseguenza, la decisione di non restare con i tedeschi. Ed ecco allora la prigionia, dura, anche se i nazisti evitarono di ripetere ad Agrinion l'infamia di Cefalonia.
Ma di quanto avvenne nei mesi di prigionia, ricorda il figlio Alberto, il padre non volle mai parlare in famiglia; soltanto dopo la morte della moglie di Marello (lui era mancato nel 1971) furono ritrovati dai familiari dei fogli di carta velina, scritti a grafia minuta e risalenti all'epoca della guerra, in cui il medico raccontava in un diario indirizzato alla sua Nini le vicende dei giorni passati nel campo di internamento greco, dai quali risulta un comportamento e un atteggiamento mentale di alto rigore morale, di grande rettitudine.
Due anni di febbrile lavoro di riordino del materiale hanno portato ora alla pubblicazione di questo libro, che si avvale di una prefazione di monsignor Guglielmo Visconti (il quale delinea l'impegno religioso di Marello) e di una introduzione di Guido Bodrato. Lo stesso Bodrato ha partecipato alla presentazione del volume a San Marzanotto. 

in vetrina sui giornali





venerdì 3 aprile 2015

Testimonianze

Affollato incontro per presentare il diario di guerra del medico che animò la Fuci di Asti



Il dottor Marello rivive con "Prigioniero 589"

A San Marzanotto testimonianze a più voci, presente anche Guido Bodrato

Gazzetta d'Asti
Guido Gabbio

Sono emozionato e commosso a parlare di fronte a una platea così numerosa e qualificata, passo le mie giornate dietro al bancone di una farmacia. Mio padre, morto nel 1971, ha trascorso durante la seconda guerra mondiale un periodo internato in un campo di concentramento in Grecia. Ritornato in patria, mai parlò di cosa successe e come visse quegli anni. 
Dopo la morte di mia madre, rovistando tra le sue carte, uscì il diario di prigionia di papà, fogli scritti su carta velina con grafia micidiale, da medico, e altri fogli li ho trovati nel sottofondo di un cassetto. Ho impiegato tre anni per riuscire a pubblicare questo libro, un racconto ricco di riflessioni e paure, un atto dovuto e voluto di un figlio nei confronti di un padre e dei suoi ricordi.Teniamo cara la piastrina con su scritto 589, il numero di matricola di papà. Il libro è tutto di papà, niente c'è di mio, anche se ho tagliato certe parti e le descrizioni di persone italiane e tedesche, da lui condannate perché vili e codarde, o arroganti e presuntuose. Di mio, nel libro, c'è soltanto la copertina ricavata da una foto di papà datata 17 luglio 1944, che ritrae l'ospedale militare da campo, in Atene.
Così il dottor Alberto Marello, quintogenito di Gualtiero e Angela Delfino, presenta sabato pomeriggio 11 gennaio nel salone parrocchiale di San Marzanotto, affollato di autorità e cittadini, il volume "Prigioniero 589. Appunti di prigionia di un tenente medico", diario di guerra redatto dal papà Gualtiero ed edito dalla casa editrice "Espansione Grafica" di Asti. Sono 160 pagine al prezzo di 14,90 euro che danno fiato e vita alle parole dell'allora tenente medico della "Casale", inviato come tanti altri giovani a "spezzare le reni alla Grecia" e finito dietro un filo spinato.
Dopo aver ringraziato quanti gli anno permesso di pubblicare il libro, Alberto Marello legge la lettera inviata dal prigioniero alla moglie (Nini, quante volte ho parlato di ...) e poi consegna una copia del volume a Giuseppe Giacosa, capogruppo Ana di San Marzanotto.
Nanni Bianco, presidente del circolo "La Cattolica" afferma che il dottor Gualtiero Marello è "stato per noi un medico e un amico e ringrazio Alberto per aver recuperato la memoria del papà", mentre Emilio Pavese di Montemarzo rilegge l'elogio funebre che suo papà fece, trent'anni fa, del dottor Gualtiero: "Dovere e amore ci hanno sempre legati, quante vite hai salvato tu medico condotto a San Marzanotto e a Montemarzo. Ti chiamano medico dei poveri e lo eri davvero ...".
Il professor Carlo Currado, che ha da poco compiuto 101 anni e fu collega del Marello, non è presente per motivi di salute e così la moglie legge la lettera scritta per l'occasione in cui, tra l'altro, definisce Gualtiero "come il buon medico, modello di saggezza che ascoltava lungamente il malato e gli sapeva parlare, dire parole di conforto e rassegnazione, con una ferma fede in Dio".
L'assessore Mariangela Cotto, sanmarzanottese doc: "Circa un anno fa Alberto Marello mi confidò che stava preparando una sorpresa e subito pensai a qualche video o a uno spettacolo teatrale di cui lui e i suoi amici hanno più volte dato sfoggio con bravura. Invece era un libro, molto bello e con testimonianze del passato, di chi ha fatto la guerra e di chi non la voleva".
"Qualche sera fa - racconta il sindaco Vittorio Voglino - durante un incontro che Mariangela Cotto ha tenuto nel salone della Provincia le ho comunicato di aver letto il volume "Prigioniero 589" e avere trovato pagine di vera letteratura e grande umanità. Il libro è un racconto di storia vissuta, dove vengono evidenziate le crudezze e disumanità quotidiane nel campo di concentramento. E' un libro che anche i giovani devono leggere. La vita, qualche volta, è dolore e tristezza ma Gualtiero mai ha ceduto allo sconforto e alla disperazione perché dentro di sé aveva risorse per continuare il cammino.
L'eurodeputato Guido Bodrato, cugino dei Marello, confida: "Sono rimasto sorpreso allorché Alberto mi portò il dattiloscritto riordinato del diario di prigionia di suo padre. Mai avrei pensato che l'allora tenente medico avesse avuto voglia di scrivere. E' giusto pubblicare queste memorie che ci permettono di ritornare ad un tempo ormai lontano che è difficile trasmettere alle nuove generazioni. Gualtiero, in terra greca, ha dovuto misurarsi fino in fondo con la propria coscienza, dopo l'8 settembre 1943, quando dovette scegliere se andare con i tedeschi oppure essere considerato prigioniero. In quella situazione, il numero degli ufficiali e dei soldati che passa dalla parte dei tedeschi aumenta di giorno in giorno ma il tenente Marello sceglie di non aderire e dunque viene confinato nel campo di prigionia, sorretto sempre dalla fede cristiana e dal ricordo della famiglia che lo aspettava in patria".
"Ho conosciuto Gualtiero Marello e per vent'anni sono stato al suo fianco come amico - precisa  monsignor Guglielmo Visconti - e il libro ci conferma l'umanità di questo medico. Solo Dio sa il bene che ha compiuto quello che veniva definito il "dottore dei poveri". Egli si accostava ai malati con professionalità e intuito, sempre al loro servizio. Era grande perché semplice e umile, e oggi abbiamo bisogno di queste figure".
Mons. Visconti, con il viso rigato dalle lacrime e la voce incrinata dall'emozione, prosegue nel ricordo: "Dopo la prigionia, il Marello partecipa alla vita dell'Azione Cattolica astigiana, fonda il gruppo laureati e con la Fuci organizza cicli di conferenze e incontri con personalità quali Silvio Golzio, Padre Enrico da Ravasenda, il cardinal Siri e il professor Michele Pellegrino, che poi diventerà arcivescovo di Torino e cardinale. Dalla lettura dei suoi appunti di prigionia credo che anche le persone che hanno conosciuto il dottor Marello possono affermare che ora lo conoscono meglio e chi non lo conosceva potrà dire di aver fatto un'autentica e gradita scoperta".
La professoressa Anna Maria Cotto presenta il libro definendolo "un testo che potrebbe entrare nella scuola e sarebbe di grande utilità per i giovani. L'ho letto e riletto, ed è stata una lettura piacevole; lo stile è essenziale ma non povero, un vero documento storico e umano. Dividerei gli appunti in tre parti: la prima è raccontata al passato, la seconda è un'analisi sintetica e drammatica delle truppe italiane in Grecia, e l'ultima è personale dove prevalgono le riflessioni e le analisi. Il volume mette in rilievo la drammaticità del dopo l'8 settembre 1943 con pagine che evidenziano l'incertezza, lo sfacelo, l'abbandono, il tradimento, l'ansia, la precarietà, l'incognita per il futuro, le scelte di onestà e correttezza, i dubbi, gli opportunismi e le vigliaccherie. Gualtiero loda chi non giura fedeltà alla R.S.I., è duro soprattutto per chi perde la propria dignità".
Don Battista Torchio, ex arciprete di San Marzanotto: "La fede da una marcia in più all'uomo Marello. Dall'unghia si vede il leone". Scarno ma efficace intervento, salutato da scroscianti applausi.
Una signora di Asti, Gigliola, porta la sua testimonianza: "Ho scoperto trentaquattro anni fa che il mio primo marito aveva un linfosarcoma. Il dottor Marello ci accompagnò a una visita a Genova e ci fu vicino. Mio marito fu poi ricoverato per sei mesi alla casa di cura sant'Agostino, in Modena, e Gualtiero andò più volte a fargli visita e gli fu vicino quando morì. Sono cose che non si dimenticano".   

   

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giovedì 2 aprile 2015

Recensione

La tragedia della guerra narrata da un tenente medico 

Il Corriere dell'Astigiano
Paolo Monticone

Una sorpresa per coloro, storici e ricercatori, che in questi ultimi anni si sono dedicati con sempre maggior fervore alla riscoperta di documenti e notizie sulle tragiche vicende dei militari italiani abbandonati a se stessi dopo l' 8 settembre su tutti gli scenari di guerra in cui erano impegnati. Una sorpresa anche per gli astigiani che fino all'inizio degli anni settanta ebbero la buona ventura di essere assistiti dall'autore.
Il volume contiene un fittissimo diario che il dott. Gualtiero Marello, ufficiale medico del battaglione Casale, scrisse puntigliosamente ogni giorno dall' 8 settembre del 1943 che l'aveva trovato impegnato in Grecia ad Agrinion, fino al ritorno in Italia avvenuto alla fine del '44 ( ma ad Asti arriverà soltanto nell'estate del '45).
E' un diario di prigionia scritto su carta finissima e dedicato alla moglie Angela Delfino ("Nini") che, subito dopo il ritorno del marito dalla prigionia, lo lesse e lo tenne gelosamente nascosto fmo alla morte.
Il figlio, Alberto, solo qualche tempo dopo averlo ritrovato e per due anni averne curato la trascrizione l'ha pubblicato nella sua stesura definitiva nel dicembre 2002.
Avventurosa è stata dunque anche la stessa storia del diario che contiene la descrizione di ben altre avventure, quasi tutte altamente drammatiche, anche se la costante "serenità" dello scrivente le rende essenziali ed intense, interpreti di un eroismo quotidiano che non ha bisogno di ulteriori "santificazioni" oltre a quelle del sapere di averle vissute.
E sono storie degli sbandati che vanno da un campo di concentramento all'altro, maltrattati e disprezzati da tedeschi e greci, obbligati a scegliere se andare a morire in Germania od in Polonia, o rischiare la stessa fine in Grecia. Le reazioni agli echi degli eccidi di Cefalonia e di Rodi, le paure, la fame, la "liberazione" dai tedeschi per finire nelle mani di inglesi e greci impegnati nella guerra civile.
Insomma anni davvero difficili che Gualtiero Marello, autore della difficile ma convinta scelta di non stare con i nazisti, racconta con estrema precisione, non disgiunta dai momenti in cui i sentimenti traboccano e si esprimono con le dichiarazioni d'amore verso la moglie lontana, o la pietà per i colleghi che hanno fidanzate e mogli che aspettano lontane.
E tutto si accompagna a brevi note sui rapporti con la popolazione greca dei soldati italiani, sulle speranze di ritorno, sulla tragedia dei fucilati, dei malati, della fame, della sporcizia.
Un diario da leggere tutto d'un fiato per capire qualcosa di più su quella tanto discussa storia che di questi tempi qualcuno vorrebbe riscrivere, magari dimenticando storie come quelle del dottor Marello.

Presentazione del libro: sabato 11 gennaio 2003 ore 17


  SI PRESENTA SABATO A S. MARZANOTTO IL MEMORIALE DI GUALTIERO MARELLO


Scrive il prigioniero 589 

Diario di guerra di un medico astigiano

Asti - La Stampa
Sergio Miravalle

«Mio padre, morto nel 1971, ha vissuto, durante la guerra, un lungo periodo internato in campo di concentramento tedesco, in Grecia. Dalle sue labbra io ed i miei fratelli non abbiamo mai saputo che cosa successe e come visse quegli anni, il suo era un tacere voluto. Morta mia madre, nel rovistare tra le cose piu' intime da lei lasciate, comparve un diario di prigionia che fu gelosamente nascosto per tanti anni. Era mio padre che scriveva, scriveva e scriveva in fogli di carta velina con calligrafia minuta e fitta, come se volesse nascondere lo scritto nello scritto». Queste poche righe nel risvolto di copertina ad opera di Alberto Marello, terzogenito di Gualtiero e Angela Delfino, spiegano una amorosa operazione di «recupero della memoria». Un atto dovuto e voluto di un figlio nei confronti del padre e del suo ricordo. «Sono due anni che leggo, rileggo, traduco, ricopio al computer, riordino, cancello, ecc. » scrive ancora Alberto, farmacista, per molto tempo a Baldichieri, ora ad Alfiano Natta.

«Da un anno il mio pensiero e' di pubblicarne un libro. Sara' tutto a mie spese, non importa; saranno poche copie, non importa; i destinatari saranno i parenti, gli amici, i conoscenti, non importa. La soddisfazione sara' tanta. Soddisfazione di un libro che non e' un semplice enunciare i fatti, ma e' un racconto ricco di riflessioni, di paure, di costatazioni. Nel suo raccontare non lesina condanne ed elogi, sia da parte italiana sia tedesca. I nomi sono veri, sono di chi ha fatto la guerra, sono di chi la guerra non la voleva».

Si tranquillizzi Alberto Marello. Il «suo» libro di 160 pagine fatto uscire per i tipi della «Espansione Grafica» di Asti a 14,90 euro, merita piu' del semplice plauso e del facile consenso. Il lavoro del figlio ha ridato fiato e vita alle parole del padre, scritte nei lunghi mesi della prigionia. Parole che fanno pensare per l'umanissima testimonianza dell'allora giovane tenente medico della «Casale», mandato come altre migliaia di soldati a «spezzare le reni alla Grecia» e finito dietro un filo spinato, nelle baracche tra i pidocchi, con gli ex alleati divenuti nemici e aguzzini. Un memoriale del tempo di guerra, dove non ci sono spari o cannonate, un racconto da retrovie, che rende benissimo lo stato d'animo di una intera generazione: le scelte di onesta' e correttezza, i dubbi, gli opportunismi e le vigliaccherie. Sullo sfondo a far da filo rosso al racconto che si dipana dal fatidico 8 settembre 1943 in avanti, la storia dolcissima d'amore tra Gualtiero a la sua «Nini», la ragazza genovese di Pegli che diventera' moglie e madre dei suoi sette figli: Paolo, Enrico, Maria Antonietta, Chiara, Alberto, Pia Maria, Giorgio.

Il volume «PRIGIONIERO 589» (era il numero di matricola) sara' presentato sabato pomeriggio nel salone parrocchiale di San Marzanotto (il paese d'origine dei Marello e dove il dottor Gualtiero, che era dirigente dell'Ordine, fu poi per anni medico condotto). Ne parleranno oltre al figlio Alberto, la prof. Anna Cotto Meluccio, mons. Guglielmo Visconti che ne ha curato la prefazione, l'eurodeputato Guido Bodrato, cugino dei Marello che ha scritto un' introduzione storico-politica, l'assessore regionale Mariangela Cotto e il sindaco di Asti Vittorio Voglino.


Prigioniero 589 - appunti di prigionia di un tenente medico - dicembre 2002





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Passerò giorni e notti a chiedere e rispondere su un’infinità di cose che ho visto ed ho sentito; di fatti che ho intuito dalla prudenza dei segni e dall'eloquio delle occhiate; di sciagure che hanno emaciato fino all'inverosimile i volti di molti italiani, di tragedie che hanno fatto piangere lacrime di sangue a molti giovani con una colpa uguale alla mia, con un destino più crudo del mio.


Dedicato a te: Angela Delfino