domenica 5 aprile 2015

un uomo forte

Appunti di prigionia di un tenente medico


Ancora un libro per non dimenticare 


provincia granda
Giuliana Bagnasco

In occasione della commemorazione dell'eccidio di Cefalonia, avvenuta nel marzo del 2001, dove furono trucidati 6500 soldati italiani che si erano rifiutati di aderire alla Repubblica di Salò, il Presidente Ciampi sostenne che li si scrisse il primo atto della Resistenza ed ammonì affinché le pagine della sofferenza della popolazione greca e dei prigionieri non restassero marginali nei manuali di storia. Pertanto la pubblicazione del diario di prigionia di un tenente medico astigiano, decisa con devota tenerezza da un figlio, si inserisce a pieno titolo nell'urgenza di recuperare alla memoria storica collettiva tutte le testimonianze che concorrono a comporre l'agghiacciante quadro di un periodo drammatico della storia d'Italia.
Il volume è nato come atto d'amore verso il padre internato in un campo di concentramento tedesco in Grecia, che aveva annotato le sue riflessioni alternando elementi di cronaca ad un breviario d'amore destinato alla moglie, vestale dei ricordi familiari.
Emerge il ritratto di un uomo dal solido cammino spirituale, dai modi tipici di un galantuomo all'antica, il "Medico dei poveri", come lo definiscono i due prefattori, dotato sicuramente di una forte tempra morale e di una mente agile capace di stabilire connessioni tra gli eventi, intuire gli sviluppi di una situazione, ma soprattutto improntata ad una profonda pietà verso l'umanità sofferente compagna di viaggio, inoltre viene delineato uno scorcio di storia patria desolante e crudo per l'umiliazione patita dai soldati nell'impotenza di agire. I militari italiani sorpresi dall'armistizio in Grecia, nello sbandamento generale, nella più totale assistenza di referenti, potevano scegliere tra il collaborazionismo con i tedeschi, la via della resistenza armata o restare fedeli alla missione per la quale erano stati chiamati, nel caso in questione, esercitare la professione medica. E' quest'ultima la scelta del tenente Marello.
L'ospedale militare viene mandato verso Atene e il lager 135. Le località interessate sono Agrinion e Missolungi: zone malariche, paesaggi senza storia e senza poesia.
Marello non tende al giudizio, si attiene alla quotidianità del suo vissuto lasciando emergere l'angoscia dei prigionieri vittime delle angherie tedesche e dei greci che nei campi, speculando sulla pelle degli internati vogliono commerciare ("la calata dei falchi"). Vede i resti della divisione Acqui nello spostamento da Cefalonia e Corfù e a quelle "parvenze d'uomini", a quelle creature delle quali la vita si è dimenticata, va tutta la pienezza della sua fede cristiana, nutrita di pietà e di preghiera.
La cronaca della giornata è scandita dal mercato nero, fruttuoso per i soldati tedeschi che scambiano merci con gli scugnizzi ateniesi, dalle perquisizioni continue delle S.S., dalla scabbia, dall'assalto dei pidocchi, dalla terribile ferocia delle incursioni nel porto del Pireo, ma soprattutto la fame ("si mangiava in pitali di smalto scrostato o dentro scatole di latta patate e carote secche").
Sono sovrumani gli sforzi per non cedere allo sconforto, è la commiserazione profonda per i moribondi, là dove il medico era impossibilitato ad agire, a neutralizzare il proprio dramma e penetrare in quello di giovani "la cui tragedia non aveva bandiera né nazionalità, ma era solo dolore disperato e rassegnato".
Quando arriva la liberazione e l'ospedale diventa la casa di tutti, per il tenente medico Marello quei pensieri, a lungo trattenuti dal timore di non poter tornare all'amata consorte e ai figli, fluttuano in libertà e sulla pagina si incidono gli umori, i patimenti, i sussulti d'amore per la vita, le accensioni del cuore, i sogni coltivati e repressi nella lunga attesa, i propositi di un uomo forte, saggio, umile, compassionevole.     

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