mercoledì 13 maggio 2015

Kriegsgefengenenlazarett

Alessandro Ferioli - Qui si muore di fame -

Anno: 2006
Tipo supporto: Periodico cartaceo
Pagine: 336
Prezzo di copertina: € 20,00
Prezzo scontato online: € 18,00
Informazioni
Area Editoria e Servizi
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Gualtiero Marello

Nel nostro piccolo reparto oltre 300 ammalati menavano la loro vita grama e con essi, complessivamente, tre medici e 12 fra infermieri e uomini di servizio. 
Mi riferisco al periodo di prigionia trascorso nel Kriegsgefengenenlazarett, reparto ospedaliero internazionale dei prigionieri di guerra di Atene, che riceveva ammalati dai due campi di concentramento della capitale e dai campi di lavoro disseminati in tutta la Grecia meridionale, nel Peloponneso e negli arcipelaghi ...
Non mi soffermerò sulle condizioni di vita, se non per ricordare che esse erano quanto di più miserabile si possa immaginare, e che in tali condizioni la mancanza di tutto ciò che è d’estrema necessità per la vita fisica e morale dell'uomo, sole, luce, aria, pulizia, libertà non poteva non avere la sua importanza, così come doveva averla il diuturno affanno per l'immediato domani, per la propria vita e della famiglia, che prostrava spirito e corpo nel gioco sfibrante delle emozioni. E' su questa massa che le condizioni di vita influivano, su questa massa informe di creature, amorfa, già provata da tutti i disagi dei viaggi per terra, e dai terrori dei viaggi per mare, chiusa nelle stive dei caicchi per giorni e per notti, sudicia, stracciata, scabbiosa, pidocchiosa, maltrattata, avvilita, affamata, assetata, coatta in tutti i sensi.

Giuseppe Cangiano

Gent.mo Dott. Alberto Marello,
innanzi tutto le chiedo scusa per il ritardo con cui Le do riscontro di aver ricevuto il libro unitamente alla fotocopia del breve scritto di Mio padre al Suo. Problemi personali mi hanno solo di recente consentito di leggerlo. Ho potuto così avvertire intimamente la grande umanità che pervade tutto il diario e la serenità che i nostri Padri hanno saputo mantenere nello svolgere la loro professione in condizioni così difficili per se stessi e per i poveri pazienti. Allora era veramente giusto considerare l’esercizio della professione medica al pari di una missione, oggi non più e lo scrivo con molta malinconia.

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