giovedì 14 maggio 2015

La lettera e frammenti di storia


Marco Palmieri
Mario Avagliano 

... Per salvare quante più vite possibili tra i propri compagni, i medici-internati si danno da fare per allestire sanatori, convalescenziari, sale operatorie ed infermerie delle quali troviamo ampie tracce nei diari e nelle lettere, oltre che nelle memorie successive. In Grecia, in uno dei campi dove i tedeschi raccolgono i militari italiani sopravvissuti agli eccidi nelle isole dopo gli episodi di resistenza e il drammatico trasporto via mare, il tenente medico Gualtiero Marello, prigioniero numero 589, riesce ad ottenere dai tedeschi nulla più che qualche branda, un po’ di coperte e una piccola quantità di medicinali indispensabili.
“L’infermeria – annota Marello nel suo diario – è adattata in un camerino ripostiglio, di fronte al cancello d’entrata del padiglione principale. Deve funzionare per oltre duemila uomini, tutti in pietosissime condizioni. Trovo un po’ di paglia stesa a terra e già una trentina d’ammalati adagiati, in preda per la massima parte ad enterocoliti sanguinolente. Alcuni infermieri hanno iniziato, con le poche medicine che sono riusciti a portare seco, la loro opera di assistenza, medicando con mezzi di fortuna le innumerevoli piodermiti, escoriazioni e le ferite; poi, per il dilagare delle forme tipicamente dissenteriche e per i numerosi casi di indubbia gravità”.
Con l’affollarsi del campo, la situazione si fa più drammatica: “Scabbia spettacolare, diffusa a tutto il corpo, con spettacolare devastazione e deformazione d’organi per complicazioni sopravvenute; piaghe enormi infette, articolazioni gonfie e deformi, ulcere laceranti monumentali, peni in cancrena, foruncoli ovunque, accessi malarici in atto, e pidocchi e pidocchi. Dio, quanti pidocchi, grossi, enormi, e quanta sporcizia, quanta miseria”.  
La ricerca storica su questi temi, negli ultimi anni ha fatto notevoli passi avanti. In particolare, per quanto riguarda gli oltre seicentomila militari internati nei lager o avviati al lavoro coatto per aver rifiutato di aderire all’esercito tedesco e a quello della Repubblica Sociale Italiana, agli studi approfonditi e dettagliati di due autori tedeschi, Gerard Schreiber e Gabriele Hammermann, hanno fatto eco quelli degli italiani Giorgio Rochat, Nicola Labanca, Claudio Sommaruga ed altri.
Ma, come lo stesso Sommaruga va sottolineando da tempo, la ricostruzione storica di tale vicenda presenta ancora ampie lacune e temi praticamente inesplorati, innanzitutto a causa della scarsa disponibilità delle fonti d’archivio, volontariamente distrutte dai nazisti, andate perdute tra Germania e Italia o disperse tra milioni di documenti relativi a tutti i militari impegnati nel secondo conflitto mondiale.
Con il passare degli anni, inoltre, si assottiglia anche il numero di ex-IMI ancora in vita e in buona salute, ai quali ricorrere per chiarire, spiegare e decifrare questioni e fatti di quel periodo.
Ai diari e alle lettere, dunque, uniti alla ricerca storica, va il merito di restituirci frammenti salienti di questa storia.
In "Rassegna" ANRP n. 10/11/12 Anno XXIX ottobre-dicembre 2006

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