venerdì 29 maggio 2015
giovedì 28 maggio 2015
L'operetta senza partitura
6
Il manoscritto dell'operetta "Presepieide", cercato per anni sapendo dell'esistenza, é stato ritrovato da Alberto Marello nel 2007 grazie alla signora Mariangela Cavallo che a sua insaputa l'aveva custodito per decenni. Sempre nel 2007 é segnalato al concorso "Premio per un testo teatrale nelle lingue del Piemonte" e pubblicato dal Centro Studi Piemontesi. L'opera non é datata, ma presumibilmente é stata scritta tra il 1935 e il 1937, come risulta dalla corrispondenza tra Gualtiero Marello e la fidanzata Angela.
L'incomodo presente
Ti giungano
lettere
d'amore e di guerra
Prezzo
di vendita 14,00
Prezzo
di copertina 16 €
Libro
NARRATIVA 172 pagine
Copertina
Morbida - Formato 15x23 - bianco e nero
2a
edizione 11/2010
http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=545084
... a Chicco
Adesso chiama Paolo ed Enrico e di loro che il papalino li abbraccia e li saluta con tutta l'adorazione che loro porta. Dai loro quanti baci tu vuoi, per me, e fatteli restituire pure per me; di a Paolo che sono contento che faccia il buono, che vada in chiesa e che vi stia da ometto e che quando ritornerò vorrò proprio vederlo servire la messa e suonare il campanello; raccomandagli di non fare tanti capricci e di ubbidire alla mamma, ai nonni, agli zii. Ad Enrico digli bravo perché non ha pianto alla vaccinazione e raccomanda di non fare troppi salti sulle sedie e chiedi poi se mi canterà qualche cosa al mio ritorno. Poi, tutti abbracciati, pensa che il quarto incomodo è lì presente.
Adesso chiama Paolo ed Enrico e di loro che il papalino li abbraccia e li saluta con tutta l'adorazione che loro porta. Dai loro quanti baci tu vuoi, per me, e fatteli restituire pure per me; di a Paolo che sono contento che faccia il buono, che vada in chiesa e che vi stia da ometto e che quando ritornerò vorrò proprio vederlo servire la messa e suonare il campanello; raccomandagli di non fare tanti capricci e di ubbidire alla mamma, ai nonni, agli zii. Ad Enrico digli bravo perché non ha pianto alla vaccinazione e raccomanda di non fare troppi salti sulle sedie e chiedi poi se mi canterà qualche cosa al mio ritorno. Poi, tutti abbracciati, pensa che il quarto incomodo è lì presente.
mercoledì 27 maggio 2015
domenica 24 maggio 2015
Onora il padre e la madre
Candida Santini
Carissimo,
Gentilissimo e Illustrissimo Dottor Alberto, ieri ho ricevuto il Suo
meraviglioso libro:
“Ti
giungano - lettere d’amore e di guerra” ed
è stata una grande gioia per me. Essere capaci di scrivere un libro, come ha
fatto Lei, è una soddisfazione grande, come tutto il mondo. Un impegno … a
leggere e … magari a soffrire … per il buio vissuto da Suo padre e Sua madre, è
stata una prova di grande amore verso i suoi genitori. Ho iniziato a leggerlo e
già … ho pianto. E’ una raccolta di lettere del cuore … narra la storia di un
padre che soffre con dignità e che ama tanto! … narra la storia di una madre di
“dolcezza infinita” che comunica tranquillità e pazienza.
Leggo:
“Si potranno dire molte cose in avvenire; si giustificherà, si condannerà; si
diranno molti se e molti ma, e si cercheranno responsabilità. A tutto ciò sono
e resterò indifferente”
Oh!
quale saggezza! Anch’io sono di questo parere perché la vicenda umana della mia
famiglia con l’evento e la morte terribile di mio padre, richiamato a 49 anni,
nella M.V.S.N.[1]
(che lui ha rifiutato) è stata messa a tacere.
Avevo
18 anni, quando nel giugno 1940, sono andata ad Alessandria a prendere il
cadavere di mio padre, ammazzato e buttato nel Tanaro … perché voleva servire
la Patria negli alpini (già lo era stato per 9 anni). La mia povera mamma è
morta a 59 anni, in balia della solitudine. Io … ho preso schiaffi dal Console
della Milizia, con il rischio di farci bruciare la casa, perdere il senso della
vita, la dignità della persona, dei diritti umani e civili.
Il suo
grande papà ha detto: “Non comprenderebbero nulla”. Ed abbiamo taciuto. Eravamo
quattro sorelle, con la mamma tanto provata (non una lira di pensione, mai … perché
il cielo era diventato vuoto e freddo). Un crimine che abbiamo taciuto, un
episodio di morte che … solo noi … in silenzio … abbiamo pianto.
Perdoni,
carissimo Dottore, se ho aperto il cuore con Lei: ho conosciuto, attraverso
questa opera inimitabile, la Loro nobiltà, la Loro amabilità, la Loro operosità e
la Loro insuperabile umanità.
Lei mi
ha trasmesso gli insegnamenti del Vangelo: “Onora il padre e la madre” e tutto
ciò che contiene.
Diceva
S.Agostino: “Più dolce di tutte le dolcezze della vita è l’amicizia” e Lei … me
l’ha offerta in abbondanza.
Vorrei
essere capace di scrivere anch’io un libro (la mia vita è un romanzo e … piena
di vuoti che … trasformo in tanti sorrisi e preghiere). Sono vecchia, ma cerco
di reggere bene … come un muro antico (come la mia vita) con tanta fede,
noncurante delle rughe; le accetto come un velo … pieno di poesia radiosa che
mai tramonta.
Un
fraterno abbraccio.
sabato 23 maggio 2015
Legame di cose tenere profonde semplici
Nadia Bertolani
Poter restituire il passato al presente, poter appropriarsi delle parole dette o scritte molto tempo prima, poter ricostruire le tracce di un percorso, le sue tappe, i suoi esiti. Questo lo può fare solo la letteratura.
venerdì 22 maggio 2015
E' bello che ...
Maria Socino
E' bello che alcuni degli scambi epistolari di quel
tempo, tra chi era al fronte e chi, a casa, conduceva una vita di attesa, si
siano salvati dal "cestinamento" cui spesso i vecchi scritti vanno
incontro.
E’ bello che le lettere inviate siano andate incontro al
loro destino, raggiungendo i destinatari (ma chissà quante si saranno perdute!)
E’ bello che le due persone coinvolte nel carteggio
abbiano avuto cura di conservare.
E’ bello che un figlio abbia preso tra le sue mani queste
preziose carte, abbia dato loro un ordine e le abbia "confezionate"
in un libriccino (ma quanto ricco di notizie e di significato!) che possiamo
leggere come testimonianza di un rapporto che ha attraversato, rafforzandosi,
il periodo della guerra con tutte le sue difficoltà, angosce, incertezze e
timori.
Ci si sente un po’ "guardoni" a leggere parole
e affettuosità destinate ad una precisa persona ... la volontà di chi scriveva
non era sicuramente quella di essere letti da "altri"! Ma come
potrebbero, Angela e Gualtiero, non approvare che una testimonianza di tanto
valore raggiunga un pubblico sensibile e interessato?
giovedì 21 maggio 2015
Pagine irresistibili
Carla Palazzo
Al libro del tenente medico "Prigioniero 589" in cui Gualtiero Marello scrive pagine di storia vera, che comunicano a chi legge l'ansia e l'angoscia del terribile tempo della seconda guerra mondiale, da cui sembrava non si potesse uscire, segue un altro libro dello stesso autore intitolato "Ti giungano, lettere d'amore e di guerra".
Si tratta di una eccezionale raccolta di lettere in cui
il tenente medico, scrivendo alla moglie descrive, senza una parola di
retorica, ma con uso perfetto della lingua, le sue esperienze in Grecia negli
ospedali militari. Le lettere che il dottore riceve dalla sua amata Angela
tardano a giungergli per la lentezza del servizio postale, ma conoscere le
trasformazioni dei suoi bimbi, che lo aspettano con ansia, lo rincuorano e
cancellano ogni paura.
Nelle pagine di questo testo compaiono lo spavento,
l'amarezza, lo sconforto, ma soprattutto l'amore per la moglie, per i suoi
figli, la speranza e la fede. Sono pagini semplici, ma irresistibili, perchè in
esse primeggiano i valori più belli e preziosi della famiglia. Un pensiero per
congratularmi con chi ha dato alla stampa questo libro che sembra destinato a
resistere all'usura del tempo.
Sapevo e ho saputo
Luigi Mura
Carissimo
dottor Alberto,
Come
abbonato della Gazzetta d’Asti seppi già della pubblicazione del diario e delle
lettere del dottor Marello. Subito desideravo avere i libri, però mai vi
riuscii e non ricordo per quale motivo; non era tanto facile essendo che io ad
Asti ormai ci vado poco e sempre vado frettolosamente occupandomi delle cose di
prima necessità. E’ stato solo pochi giorni fa che monsignor Guglielmo Visconti
mi ha regalato i volumi. Li ho “divorati” immediatamente d’un solo fiato; di
solito al mattino mi occupo delle cose più difficili e lascio al poi le cose
più facili, ma questa volta invece ho tralasciato tutto e mi son dato a leggere
il graditissimo regalo.
Siccome
già sapevo che gli appunti erano per la sua cara consorte pensavo che si trattasse
di comunicazioni affettuose cui naturalmente si scambiano i sinceri coniugi, e
come solo in “Ti giungano” si è fatto; ma in principio non fu così. Si
trattava di un documento storico; ed io amo tanto la storia e quindi man
mano che andavo leggendo tanto più cresceva l’appetito.
Sapevo
già della crudeltà dei tedeschi per aver avuto un fratello (1920) loro
prigioniero, essendo anche lui fatto prigioniero in Jugoslavia e quindi
deportato in Germania dopo quell'otto settembre memorabile. Però per
merito del dottor Marello ne ho saputo di più; ed ho appunto saputo dello stato
dei poveri infermi che disgraziatamente hanno subito in quell'infelice periodo;
perciò un grazie speciale all'indimenticabile caro dottor Marello.
Sta bene, scrivi, ricordaci ed abbiti riguardo
5
Lui, tenente medico, è richiamato in guerra per prestare servizio in vari ospedali militari; lei è sfollata in campagna con due figli piccoli. Le lettere li uniscono nella distanza; notizie dal fronte si alternano agli aggiornamenti su un quotidiano di ristrettezze e tensione. Sullo sfondo gli orrori della guerra e l'amore reciproco, in un ritratto a due sempre proiettato verso il ricongiungimento.
Fondazione archivio diaristico nazionale
lunedì 18 maggio 2015
Umanità tedesca
4
Una guerra a parte.
I militari italiani nei Balcani 1940-1945
Autore Aga-Rossi Elena; Giusti M. Teresa
Prezzo
di copertina € 33,00
2011,
660 p., ill., rilegato
Editore Il Mulino (collana Biblioteca storica)
Gualtiero Marello rimase a svolgere le funzioni di medico ad Atene nel campo di internamento dove transitavano i prigionieri italiani diretti in Germania, raccogliendo le loro testimonianze.
Da Creta un’altra nave con altri 4000 italiani, a due ore
di viaggio dal porto di partenza, è stata silurata; si sono salvati 400 nostri
connazionali, in gran parte feriti. Mi racconta più tardi uno dei quattrocento,
che i tedeschi hanno lanciato nelle stive, ripiene e ribollenti del terrore della
morte, bombe a mano; hanno mitragliato chiunque ha cercato di salire in
coperta; hanno mitragliato qualsiasi italiano che, in acqua, ha cercato di
appigliarsi a qualche mezzo di salvataggio; hanno rifiutato qualunque aiuto e
negata ospitalità sulle loro scialuppe. E’ in tale circostanza che ha trovato
la morte un capitano medico ed un altro subalterno pure medico. Il primo,
salito sopra un barcone, è stato colpito al capo da una revolverata e lanciato
in mare. La maggior parte dei salvati è stata tratta a riva da battelli greci.
La partenza da Creta, via mare, rappresenta nel 90% dei casi un rischio
mortale; in seguito a questo e ad altre perdite, soltanto gli aerei sono stati
usati per lo sgombero dei prigionieri.
domenica 17 maggio 2015
Silenzio
Mario Avagliano
Marco Palmieri
Gli internati militari italiani
Diari e lettere dai
lager nazisti 1943-1945
2009
Passaggi Einaudi
pp. LXVI - 338
€ 20,00
ISBN 9788806202361
Passaggi Einaudi
pp. LXVI - 338
€ 20,00
ISBN 9788806202361
Introduzione di Giorgio Rochat
Giulio Einaudi editore
“Si potranno dire
molte cose in avvenire; si giustificherà, si condannerà; si diranno molti se e
molti ma, e si cercheranno responsabilità. A tutto ciò sono e resterò
indifferente: per me soltanto resterà la miseria che ha accompagnato la mia
vita per oltre 11 mesi, fino ad oggi, fino a quando terminerà …”
La vicenda degli internati militari italiani è sempre
molto coinvolgente, fa entrare in un mondo quasi sconosciuto, un mondo dove
Onore, Fedeltà e Coraggio non mancano. Gli IMI erano persone con grande
dignità, che non si sentivano eroi perché ritenevano di aver semplicemente
compiuto il loro dovere, ma non è sicuramente stato semplice. Non hanno mai
avuto un riconoscimento, non hanno mai chiesto niente. Gli IMI sono i
dimenticati, di loro si son dimenticati tutti. Sono gli abulici, i paurosi, i
vili, i traditori, gli aggressori, i mussolini, i fascisti, i badoglio, i
makkaroni.
venerdì 15 maggio 2015
La vicenda dimenticata
Storia e futuro
Gianluca Rossini
“Potremmo passare giorni e notti l’uno accanto all'altra,
a chiedere e rispondere su un’infinità di cose che tu supponi neppure: di cose
che ho visto ed ho sentito, di fatti che ho intuito dalla prudenza dei segni e dall'eloquio delle occhiate; di drammi che hanno emaciato fino all'inverosimile i volti di molti italiani, di tragedie che hanno fatto piangere lacrime di
sangue a molti giovani con una colpa uguale alla mia, con un destino più crudo
del mio. Non so neppure se vorrò dire tutto; perché credo che quando avrò
riguadagnato il conforto e la pace della mia famiglia, si quieterà in me
l’ansia dei giorni trascorsi e prevarrà un solo desiderio: quello di
dimenticare, di dimenticare tutto perché tutto è brutto, doloroso, cupo,
vergognoso”.
Così scrive l’ufficiale medico Gualtiero Marello alla
moglie il 25 luglio 1944, internato nei pressi di Atene. In questa frase si
riassume gran parte della vicenda, pressoché dimenticata, degli IMI, gli
Internati militari italiani. Questa lettera, insieme ad altre lettere e diari,
fa parte del lungo lavoro di ricerca e riordino che Mario Avagliano e Marco
Palmieri hanno sintetizzato nel libro, edito da Einaudi, Gli Internati Militari
Italiani: Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945.
Le vicende della seconda guerra mondiale sono state,
negli anni, ampiamente studiate ed approfondite nei vari aspetti che l’hanno
caratterizzata: il fascismo, il nazismo, la Shoah, la Resistenza. Tutti questi
aspetti sono noti, almeno nei loro tratti principali, a tutti gli italiani,
anche grazie all'ampia trattazione che la scuola e la filmografia hanno
prodotto negli anni. Questo non vale per quanto riguarda il destino che colpì i
710000 circa militari italiani, sorpresi dall'improvvisa ed inaspettata notizia dell’armistizio dell’Italia l’8 settembre 1943 e poi deportati nei lager
nazisti. Tale vicenda, non solo è stata per lungo tempo affatto trattata ed
analizzata dagli storici e dalla politica ma, ancora oggi, è pressoché
sconosciuta alla stragrande maggioranza della popolazione italiana e
probabilmente non potrà mai essere conosciuta in modo esaustivo. Il giorno
dell’armistizio viene comunemente definito lo “sbandamento”, ovvero il giorno
in cui l’esercito si trasformò in “esercito di sbandati”, senza più uno stato
maggiore a dettare le direttive, senza più il supremo comandante, il re, come
punto di riferimento ...
giovedì 14 maggio 2015
La lettera e frammenti di storia
Marco Palmieri
Mario Avagliano
... Per
salvare quante più vite possibili tra i propri compagni, i medici-internati si danno
da fare per allestire sanatori, convalescenziari,
sale operatorie ed infermerie delle quali troviamo ampie tracce nei diari e
nelle lettere, oltre che nelle memorie successive. In Grecia, in uno dei campi dove
i tedeschi raccolgono i militari italiani sopravvissuti agli eccidi nelle isole
dopo gli episodi di resistenza e il drammatico trasporto via mare, il tenente
medico Gualtiero Marello, prigioniero numero 589, riesce ad ottenere dai
tedeschi nulla più
che qualche branda, un po’ di coperte e una piccola quantità di medicinali
indispensabili.
“L’infermeria
– annota Marello nel suo diario – è adattata in un camerino ripostiglio, di
fronte al cancello d’entrata del padiglione principale. Deve funzionare per oltre
duemila uomini, tutti in pietosissime condizioni.
Trovo un po’ di paglia stesa a terra e già una trentina d’ammalati adagiati, in
preda per la massima parte ad enterocoliti sanguinolente. Alcuni infermieri hanno
iniziato, con le poche medicine che sono riusciti a portare seco, la loro opera
di assistenza, medicando con mezzi di fortuna le innumerevoli piodermiti, escoriazioni
e le ferite; poi, per il dilagare delle forme tipicamente dissenteriche e per i
numerosi casi di indubbia gravità”.
Con
l’affollarsi del campo, la situazione si fa più drammatica: “Scabbia
spettacolare, diffusa a tutto il corpo, con spettacolare devastazione e
deformazione d’organi per complicazioni sopravvenute; piaghe enormi infette,
articolazioni gonfie e deformi, ulcere laceranti monumentali, peni in cancrena,
foruncoli ovunque, accessi malarici in atto, e pidocchi e pidocchi. Dio, quanti
pidocchi, grossi, enormi, e quanta sporcizia, quanta miseria”.
La
ricerca storica su questi temi, negli ultimi anni ha fatto notevoli passi
avanti. In particolare, per quanto riguarda gli oltre seicentomila militari internati
nei lager o avviati al lavoro coatto per aver rifiutato di aderire all’esercito
tedesco e a quello della Repubblica Sociale Italiana, agli studi approfonditi e
dettagliati di due autori tedeschi, Gerard Schreiber e Gabriele Hammermann,
hanno fatto eco quelli degli italiani Giorgio Rochat, Nicola Labanca, Claudio
Sommaruga ed altri.
Ma,
come lo stesso Sommaruga va sottolineando da tempo, la ricostruzione storica di
tale vicenda presenta ancora ampie lacune e temi praticamente inesplorati, innanzitutto
a causa della scarsa disponibilità delle fonti d’archivio, volontariamente distrutte
dai nazisti, andate perdute tra Germania e Italia o disperse tra milioni di
documenti relativi a tutti i militari impegnati nel secondo conflitto mondiale.
Con
il passare degli anni, inoltre, si assottiglia anche il numero di ex-IMI ancora
in vita e in buona salute, ai quali ricorrere per chiarire, spiegare e
decifrare questioni e fatti di quel periodo.
Ai diari e alle lettere, dunque, uniti alla ricerca
storica, va il merito di restituirci frammenti salienti di questa storia.
In "Rassegna" ANRP n. 10/11/12 Anno XXIX ottobre-dicembre 2006
Un solo desiderio: dimenticare tutto ...
3
Gualtiero Marello, catturato dai tedeschi all'indomani
dell’armistizio, durante la prigionia rimase nei lager nei pressi di Atene,
dove venivano concentrati i prigionieri italiani prima di essere deportati in
Germania. Qui Marello continuò a svolgere la sua attività di medico, fino alla
liberazione, nell’ottobre del ‘44 (ad Asti arriverà soltanto nell'estate del '45).
Il documento è una lettera alla moglie
Angela (Nini) Delfino, scritta fronte retro su tredici fogli di carta velina
formato A4, consegnata dall'autore a un collega di rientro in Italia.
Gualtiero Marello, catturato dai tedeschi all'indomani
dell’armistizio, durante la prigionia rimase nei lager nei pressi di Atene,
dove venivano concentrati i prigionieri italiani prima di essere deportati in
Germania. Qui Marello continuò a svolgere la sua attività di medico, fino alla
liberazione, nell’ottobre del ‘44 (ad Asti arriverà soltanto nell'estate del '45).
Il documento è una lettera alla moglie
Angela (Nini) Delfino, scritta fronte retro su tredici fogli di carta velina
formato A4, consegnata dall'autore a un collega di rientro in Italia.
mercoledì 13 maggio 2015
Kriegsgefengenenlazarett
Alessandro Ferioli - Qui si muore di fame -
Anno: 2006
Tipo supporto: Periodico cartaceo
Pagine: 336
Prezzo di copertina: € 20,00
Prezzo scontato online: € 18,00
Prezzo di copertina: € 20,00
Prezzo scontato online: € 18,00
Informazioni
Area Editoria e Servizi
Referente: Rodolfo Taiani
tel. +39 0461 264660
editoria@museostorico.it
Fondazione Museo storico del Trentino
tel. +39 0461 230482
fax +39 0461 1860127
info@museostorico.it
Posta PEC: info@pec.museostorico.it
Area Editoria e Servizi
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Fondazione Museo storico del Trentino
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Posta PEC: info@pec.museostorico.it
Gualtiero Marello
Nel nostro piccolo reparto oltre 300 ammalati menavano la loro vita grama e con essi, complessivamente, tre medici e 12 fra infermieri e uomini di servizio.
Mi riferisco al periodo di prigionia trascorso nel Kriegsgefengenenlazarett, reparto ospedaliero internazionale dei prigionieri di guerra di Atene, che riceveva ammalati dai due campi di concentramento della capitale e dai campi di lavoro disseminati in tutta la Grecia meridionale, nel Peloponneso e negli arcipelaghi ...
Non mi soffermerò sulle condizioni di vita, se non per ricordare che esse erano quanto di più miserabile si possa immaginare, e che in tali condizioni la mancanza di tutto ciò che è d’estrema necessità per la vita fisica e morale dell'uomo, sole, luce, aria, pulizia, libertà non poteva non avere la sua importanza, così come doveva averla il diuturno affanno per l'immediato domani, per la propria vita e della famiglia, che prostrava spirito e corpo nel gioco sfibrante delle emozioni. E' su questa massa che le condizioni di vita influivano, su questa massa informe di creature, amorfa, già provata da tutti i disagi dei viaggi per terra, e dai terrori dei viaggi per mare, chiusa nelle stive dei caicchi per giorni e per notti, sudicia, stracciata, scabbiosa, pidocchiosa, maltrattata, avvilita, affamata, assetata, coatta in tutti i sensi.
Giuseppe Cangiano
Gent.mo
Dott. Alberto Marello,
innanzi
tutto le chiedo scusa per il ritardo con cui Le do riscontro di aver ricevuto
il libro unitamente alla fotocopia del breve scritto di Mio padre al Suo.
Problemi personali mi hanno solo di recente consentito di leggerlo. Ho potuto
così avvertire intimamente la grande umanità che pervade tutto il diario e la
serenità che i nostri Padri hanno saputo mantenere nello svolgere la loro
professione in condizioni così difficili per se stessi e per i poveri pazienti. Allora
era veramente giusto considerare l’esercizio della professione medica al pari
di una missione, oggi non più e lo scrivo con molta malinconia.
lunedì 11 maggio 2015
L'opera dei sanitari internati
Alessandro Ferioli
Una valutazione complessiva dell’opera dei sanitari
internati nei campi di prigionia germanici deve tener conto, a mio giudizio,
dei seguenti elementi. In primo luogo, in quanto fortemente limitati dalla
scarsità o mancanza di farmaci e di strumentazioni, i medici si trovarono
spesso nell'impossibilità di effettuare prescrizioni diagnostico-terapeutiche
idonee alle malattie, col risultato d’incrementare di necessità la vicinanza
col paziente come conforto e sostegno alla speranza, ampliando le funzioni relazionale
e palliativa della professione al fine di lenire la sofferenza fisica e
psichica dei malati, e adoperandosi in tutti i modi per migliorarne la qualità
della vita. E’ illuminante al riguardo un’annotazione del Dott. Gualtiero
Marello, in cui mi sembra valorizzata una visione “alta” di atto medico inteso
come cura del malato piuttosto che della malattia:
“Quante volte ho parlato di pazienza! Quanto è difficile nel male, nel dolore, nella sofferenza, convincere alla pazienza! Pazienza se hai fame, se hai sete, freddo; pazienza se ti consuma la febbre, se ti strazia le viscere il dolore; pazienza se ti manca la rassegnazione e gridi e bestemmi e t’assale la disperazione; pazienza se piangi, se vivi, se muori; pazienza sempre. Devi dirlo con calma, ragionando, sorridendo, perché almeno la tua calma e il tuo sorriso, se non la parola, sappiano inspirare fiducia!”
A questa considerazione non è estraneo il fatto che negli
ospedali-lager si è sbriciolato il “muro” che normalmente divide chi patisce e
chi cura, superando così il consueto stato di minorità dell’ammalato rispetto
alla consolidata superiorità di chi detiene le conoscenze atte a guarire:
nessuna incomprensione o diffidenza reciproca poteva esistere tra persone accomunate
dalla stessa sofferenza, dalla stessa fame e - non di rado - dalle stesse
malattie. Proprio per un senso di intimo rispetto del malato, i medici più
attenti si preoccuparono anche di operare un’equa distribuzione delle risorse
disponibili, evitando trattamenti preferenziali in funzione del grado e
smascherando i simulatori. Di fronte a una molteplicità di ferite e patologie
diverse, il medico militare (spesso già impratichito da un’intensa esperienza
come medico di battaglione) ha dovuto invertire la tendenza, già in atto allora
e oggi ancora più marcata nella professione civile, ad agire nel ristretto
ambito della specializzazione acquisita (organizzata per tipologia di pazienti,
per organi e apparati o per malattie), recuperando invece una solida pratica di
medicina generale improntata alla ricucitura dei dettagli delle conoscenze in
una visione unitaria del malato e caratterizzata da una spiccata duttilità. Con
poche eccezioni, la maggior parte dei medici e degli infermieri militari, pur
in circostanze così difficili, dettero prova di grande fedeltà ai principi
deontologici della professione, nonché a quelli civili e cristiani di
solidarietà, pietà e umanità (per non dire dei medici che, quand'anche non
impegnati come tali, si adoperarono ugualmente secondo le loro possibilità).
venerdì 8 maggio 2015
Osservazioni cliniche
Ernesto Damiani
Professore associato di fisiopatologia presso l'Università di Padova
A
distanza di 60 anni dai fatti narrati, la relazione del tenente medico
Gualtiero Marello sorprende per la sua intelligenza e per la capacità di stimolare
l’interesse, su una forma di patologia, la malnutrizione primaria (cioè
determinata da una carenza dietetica), che è ormai argomento trascurato in
Italia, in ragione dell’aumentata ricchezza del Paese. Il tenente Marello
riporta le sue osservazioni cliniche derivate da un ampio campione di
prigionieri italiani, relativamente omogeneo per età. La dieta somministrata ai
prigionieri era carente in assoluto per apporto calorico, ed era certamente
complicata da una carenza selettiva di proteine e di vitamine. Sulla base di
queste osservazioni, il tenente Marello deduce il concetto, oramai del tutto
accettato, dell’individualità della risposta dell’organismo riguardante sia la
progressione della malattia che la gravità della sintomatologia, a fronte della
relativa eguaglianza della carenza dietetica. Marello identifica tre fattori
fondamentali, che condizionano gli esiti della malnutrizione primaria: 1) un
fattore endogeno, che oggi sappiamo essere la genetica individuale; 2) la
presenza di fattori condizionanti, quali l’attività fisica; 3) il sovrapporsi
di stati di malnutrizione secondaria, dovuti a fattori quali vomito, diarrea,
e malattie intestinali, che, indipendentemente dall'apporto dietetico,
influiscono sull'assorbimento dell’alimento. Per l’acutezza delle sue
osservazioni, non ultime quelle sulla relazione patogenetica fra sintomatologia
e carenze selettive di proteine, vitamine e sali minerali, la relazione del
tenente Marello si qualifica come un importante contributo, che testimonia
della elevata qualità della Scuola Medica italiana del tempo.
venerdì 1 maggio 2015
Qui si muore di fame
2
Include un’interessante relazione inedita del dottor Marello sulle sindromi da carenza alimentare: si tratta di un ulteriore contributo – redatto nel periodo immediatamente successivo al rimpatrio e oggi custodito nell’archivio famigliare privato del dott. Alberto Marello – che si aggiunge alla letteratura clinica sulle patologie da internamento, consentendo un più esatto inquadramento scientifico delle sofferenze patite dagli internati militari italiani.
giovedì 30 aprile 2015
Nessuno deve dimenticare
Buongiorno
Signor Alberto,
Il
suo recapito e-mail mi è stato gentilmente dato da Marco Ficarra. Sono Borsieri
Ilaria la
nipote di Lepri Mariano, ex internato militare italiano. Mio nonno ha fatto
parte della Divisione
Casale e da quello che ho letto sul blog "8 settembre 1943" credo che
Mariano abbia
svolto lo stesso iter militare in Grecia di suo padre Gualtiero.
Leggere quel post mi ha commosso molto, ammiro
la sua decisione di aver fatto stampare a
sue spese le memorie di suo padre, e come lei sono orgogliosa di mio nonno che
ha lottato sempre
per gli ideali di libertà, di pace contro ogni forma di razzismo e di guerra.
Anche
io ho finito l'anno scorso di scrivere un libretto sulla vita di mio nonno e
spero di realizzare
il mio sogno di una possibile pubblicazione anche se non escludo di stamparlo a
mie spese, prima o poi.
Sono
da anni interessata alla storia dei Lager e della Deportazione, ho collaborato
e sono in
contatto con le associazioni dei reduci e degli ex internati e qualche anno fa
ho ritrovato, tramite
un lungo lavoro di ricerca, un amico di prigionia del nonno, con la famiglia
del quale
sono tutt'ora in contatto.
Ho
scritto alla casa editrice del libro da lei pubblicato poiché mi interesserebbe
molto leggerlo
e poter immaginare che suo padre e mio nonno potessero essersi conosciuti. Spero
che mi rispondano e di poter leggere le vicende di suo padre. Sperando di ricevere una sua risposta, la
saluto cordialmente e visto l'approssimarsi della Santa Pasqua le invio anche tanti auguri,
Borsieri
Ilaria
Che
bella sorpresa!
Ti
confesso che quando decisi di pubblicare il diario di papà, con l’aiuto di
internet e di tutte le sue potenzialità, vi fu un periodo di desiderosa ricerca
di coloro che condivisero quei tragici momenti. Anche se gli indizi erano
pochi, a volte solo il nome e cognome, l’indagine risultò efficace e riuscii a
contattare figli e i nipoti. In un caso sentii, in un commovente colloquio
telefonico, l’infermiere Vanucci di Riccione; era anch’egli internato con papà
al campo numero 2 di Atene. Pochi giorni dopo avergli inviato il libro
ricevetti una sua telefonata mista di commozione e pianto. La telefonata si chiuse con
“nessuno deve dimenticare, tuo padre è stato interprete di un eroismo
quotidiano, nessuno deve dimenticare storie come quelle del dott. Marello. Non
lo sentii più.
In
allegato ti invio l’organico dei militari internati di servizio all'infermeria del concentramento
Dulag. 135 di Atene. Altri nomi come Pincelli, Sabbatani, Suzzi, Orta,
Fontanili, sono stati compagni di viaggio dall’inizio della prigionia
cominciata il 9 settembre 1943. Quanti altri, compreso tuo nonno, si diressero
da Agrinion verso le paludi di Missolungi e poi destinazione Atene!
La
casa editrice Espansione Grafica sas , Reg. Perno 147-148 - 14033
Castell'Alfero (AT) - tel. 0141 405744 - 0141405777 fax.0141 405052
info@espansionegrafica.it dovrebbe soddisfarti. In caso contrario, su tua
richiesta, mi attiverò personalmente per fartelo avere. In ultimo, ma non so
dove abiti, il libro è stato distribuito in varie biblioteche, associazioni e
istituti della resistenza.
Sul
“libretto” che vuoi pubblicare io ti sostengo e ti incito perché nessuno deve dimenticare storie come quelle di Lepri Mariano.
Tanti
auguri di Buona PasquaAlberto Marello
http://www.astilibri.com/cultura/prigioniero_589.htm
Gualtiero Marello
PRIGIONIERO 589
editore ESPANSIONE GRAFICA
edizione 2002
pagine 160
formato 15x21
brossura con alette
tempo medio evasione ordine
2 giorni
15.00 €
lunedì 27 aprile 2015
Foto d'epoca raccontano il diario e le lettere di prigionia.
Le fotografie mi sono state inviate dall'amico Dimitris Mourkas
Agrinion è divenuta sede del Comando dell’VIII° Corpo di Armata e sede del comando di una divisione tedesca. Il territorio, su cui si estende la giurisdizione di tali comandi, è molto vasto.
L' ospedale della divisione ad Agrinion
1943 La piazza centrale di Agrinion
"Il viaggio si compie lento, monotono, se monotono può essere. La desolata campagna greca, i miseri villaggi, la folla incolore del popolo. Ripasso per la Venezia della Grecia, Attolikon: un insieme di casupole su palafitte in mezzo" alle paludi formate dal mare. Paesaggio senza storia e senza poesia. La storia passata non conta più, ad Attolikon regna la malaria e la morte.
Attolikon
Due carabinieri nella foto
La stazione ferroviaria di Attolikon con un soldato italiano
La Divisione fanteria "Casale" nella città di Missolungi
Missolungi è una cittadina greca senza alcuna pretesa: tipicamente greca nella povertà. Per giungervi dal mare, bisogna superare per lungo tratto dei bassifondi, lungo una rotta obbligata segnata da boe. Nei pressi della costa, ampie zone paludose sono delimitate da strette strisce di terra ricoperte d'erba e di sterpaglie, su cui vivono la loro grama vita poche famiglie nelle capanne di fango e canne"
"Un pontile di legno ed una banchina in muratura sono l'unica attrezzatura del piccolo porto; un capannone è la sola importante costruzione. "
1941 - Il porto di Missolungi
Sotto la capace fronda di un secolare albero collochiamo i nostri letti e, prima fra tutte le cose, provvediamo per le zanzariere. Gli ulivi di Missolungi sono famosi per avere donato la malaria, in prevalenza perniciosa, a migliaia di nostri soldati. Non v'è altro mezzo per difenderci: porci al riparo di una sicura zanzariera, dalla prima sera al mattino.
Camion italiani a Missolungi sotto gli ulivi
Nel nostro campo, come in tutti i campi vicini, è un continuo pellegrinaggio di contadini greci, di povere creature, di pezzenti, di miserabili, uomini e donne che sbucano da tutte le parti, alla ricerca di qualunque oggetto o recando polli o uova da vendere o da commutare.
L'infermeria è collocata nella caserma di S. Attanasio. C’è un servizio d’ambulatorio con lo scopo di stabilire l'idoneità o meno dei soldati, che si dichiarano ammalati, ad affrontare le fatiche della marcia.
La caserma di S. Attanasio c'è ancora ed è campo dell'esercito greco
domenica 26 aprile 2015
Una toccante pubblicazione
Card. Angelo Sodano
Preg.mo e caro Sig. Marello,
Ho ricevuto con molto piacere la cortese lettera, con la quale Ella, ha voluto inviarmi una copia del Suo libro dal significativo titolo "Prigioniero 589", contenente i sofferti appunti che Suo Padre, l'indimenticabile Dott. Gualtiero, ha redatto durante la prigionia patita in Grecia, durante la II Guerra Mondiale.
Mentre esprimo sentiti ringraziamenti per il cortese pensiero, desidero manifestarLe vivo compiacimento per la bella iniziativa, con la quale ha voluto giustamente onorare un uomo buono e un generoso servitore della Chiesa, che anch'io ricordo con ammirazione. Auspico, inoltre, che quanti leggeranno le pagine della toccante pubblicazione siano spronati ad onorare il benemerito Dottore, coltivandone la memoria e imitandone gli esempi.
Insieme con l'augurio di ogni bene, mi è gradita la circostanza per inviarLe un cordiale saluto.
sabato 25 aprile 2015
La storia è fatta di uomini
Guido Bodrato
Il tenente Marello aveva
raggiunto l’ospedale militare di Agrinion alla vigilia dell’8 settembre.
Non a caso i suoi appunti
iniziano con la cronaca della dissoluzione dell’esercito regio. Per molti storici l’8 settembre rappresenta la fine dell’idea di patria,
mentre per altri in quei giorni iniziano il riscatto morale dell’Italia e la
ricostruzione di quel sentimento nazionale che era andato distrutto col
fascismo. Quello di Marello è il racconto di un giovane ufficiale travolto
dallo sbandamento.
La dura vita del lager è descritta nella sua quotidianità,
nelle sue imprevedibili contraddizioni, nell'intreccio tra repressione e
mercato nero, tra il bisogno di sopravvivere alla fame e la volontà di
conservare qualche dignità. Di una dignità che è messa alla prova dall'adesione,
intesa come “partecipazione consacrata da un giuramento alle forze armate del
Reich, col beneficio di una certa libertà e del mangiare.”
Marello ricorda molti personaggi, italiani e tedeschi,
medici e cappellani, ufficiali e soldati, uomini e donne che reagiscono in modo
molto diverso alla situazione in cui si trovano. Questo è un aspetto che la
“storia ufficiale” in genere trascura. Eppure la storia è fatta di uomini,
delle loro virtù e delle loro debolezze, ed in certe circostanze queste sono le
cose che fanno la differenza e che danno la misura degli uomini, specie nella
sventura della prigionia, quando c’è chi muore di fame, non volendo morire, e
bisogna sopportare il tormento della nostalgia.
“Nella mia vita, scrive Marello,
quella greca è stata una parentesi”. Bisogna saper tornare alla vita e
ritrovare la speranza, come ha fatto l’Italia dopo la disfatta del fascismo.
Ma aggiunge subito che quella greca è
stata anche la prova del fuoco, la prova del diavolo, la prova di Dio. Ha
dovuto misurarsi fino in fondo con la propria coscienza, sorretto dalla fede
cristiana e dal ricordo della famiglia che lo aspettava.
In presa diretta
Guglielmo Visconti
“Ora ti affido questi ricordi che sono scritti solo per te… A te mia Nini…”
Nini, la sposa, li riceve, li legge e rilegge ed è come
sentire accanto e riabbracciare Gualtiero. Li custodisce con amore anche quando
Gualtiero finalmente è restituito a lei e ai figli e le vive accanto. Continua
a custodirli, e con più intenso affetto, nei lunghi anni della vedovanza, dal
1971 al 1999, quando i figli si inoltrano nella vita e nella professione e
formano nuove famiglie.
A distanza di quasi sessant'anni
da quando furono scritti sono ora anche nelle nostre mani. Nelle mani di quanti
Gualtiero hanno conosciuto da vicino, e son sempre meno, e dei tanti che di
persona e da vicino non l’hanno conosciuto, ma desiderano far memoria di quegli
anni, desiderano soprattutto ascoltare in presa diretta i testimoni di quegli
eventi, soprattutto quelli che come Gualtiero hanno pagato di persona con
ammirevole coerenza e limpidezza di coscienza. Eventi che pur lontani son
sentiti come parte viva delle nostre radici.
Sono appunti scritti in uno stile
essenziale, umanamente intenso, che conferisce ad essi la capacità di
comunicare con immediatezza e di coinvolgere il lettore. Sono testimonianza
limpida e schietta di grande umanità e di fede profonda. Si percepisce
immediatamente che in Gualtiero l’uomo e il credente non sono semplice
sovrapposizione, ma sono solida unità che garantisce consistenza interiore alla
persona e la apre a relazioni umane intense ed autentiche.
domenica 19 aprile 2015
Il passaggio per l'inferno
Gentilissimo dottor Marello,
da anni raccogliamo testimonianze e documenti sulla vicenda degli Internati Militari, e abbiamo messo insieme un archivio "sentimentale" al quale teniamo moltissimo. Stiamo leggendo gli "appunti di prigionia" di suo padre: sono pagine belle, precise e importanti, perché oltre ai fatti , visti con chiarezza, precisione e intelligenza, raccontano e spiegano quella tempesta che sconvolse le vite di tanti giovani e che li mise davanti a una scelta per niente facile. Immaginiamo quello che avete provato leggendo, riga dopo riga, il passaggio per l'inferno dei Lager. Come molti figli di ex internati ci sentiamo in un certo senso "derubati" proprio da nostro padre, di una parte del suo passato, per quella forma di "rimozione" comune a tanti di loro (..non parlerò ... non comprenderebbero nulla"...). Rimozione che aveva contagiato anche nostra madre: non ci hanno mai parlato delle sofferenze di quel periodo, al massimo ricordavano gli espedienti e le difficoltà della vita di tutti i giorni, probabilmente per il timore di caricare sulle spalle di noi figli il peso del dolore e dell'angoscia provati.
Leggendo
diari come quello di suo padre si finisce per volergli bene. Era proprio un
galantuomo all'antica. Sapesse quante cose comuni al nostro abbiamo trovato: la
fiducia nella Provvidenza, alla quale si affidavano e sulla quale contavano per
sopportare il peso di quella che ritenevano una giusta scelta, con tutte le
incognite che comportava, l'ironia buona nell'annotare le debolezze dei
compagni, ad esempio il tormento più che della fame, della paura della fame, la
fermezza incrollabile.
Avete
fatto bene a pubblicare questo diario. E' il modo giusto per far conoscere
questo episodio unico nella Storia per il numero di coloro che hanno dato vita
a questa Resistenza senza armi, per la durata, per i principi che hanno
determinato la scelta dei reticolati. Ma tutte queste cose lei le conosce
benissimo. Ci permetta di inviarle questi "Ricordi speciali" anche
nelle condizioni dolorose e drammatiche nelle quali hanno vissuto, i nostri
cari "non hanno vissuto come bruti".
Con sincera amicizia.
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