giovedì 28 maggio 2015

L'operetta senza partitura



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Il manoscritto dell'operetta "Presepieide", cercato per anni sapendo dell'esistenza, é stato ritrovato da Alberto Marello nel 2007 grazie alla signora Mariangela Cavallo che a sua insaputa l'aveva custodito per decenni. Sempre nel 2007 é segnalato al concorso "Premio per un testo teatrale nelle lingue del Piemonte" e pubblicato dal Centro Studi Piemontesi. L'opera non é datata, ma presumibilmente é stata scritta tra il 1935 e il 1937, come risulta dalla corrispondenza tra Gualtiero Marello e la fidanzata Angela.

L'incomodo presente

Ti giungano

lettere d'amore e di guerra
 
Prezzo di vendita 14,00
Prezzo di copertina 16 €
Libro NARRATIVA 172 pagine
Copertina Morbida - Formato 15x23 - bianco e nero
2a edizione 11/2010
 
 
http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=545084




... a Chicco

Adesso chiama Paolo ed Enrico e di loro che il papalino li abbraccia e li saluta con tutta l'adorazione che loro porta. Dai loro quanti baci tu vuoi, per me, e fatteli restituire pure per me; di a Paolo che sono contento che faccia il buono, che vada in chiesa e che vi stia da ometto e che quando ritornerò vorrò proprio vederlo servire la messa e suonare il campanello; raccomandagli di non fare tanti capricci e di ubbidire alla mamma, ai nonni, agli zii. Ad Enrico digli bravo perché non ha pianto alla vaccinazione e raccomanda di non fare troppi salti sulle sedie e chiedi poi se mi canterà qualche cosa al mio ritorno. Poi, tutti abbracciati, pensa che il quarto incomodo è lì presente.


domenica 24 maggio 2015

Onora il padre e la madre





Candida Santini

Carissimo, Gentilissimo e Illustrissimo Dottor Alberto, ieri ho ricevuto il Suo meraviglioso libro:
“Ti giungano - lettere d’amore e di guerra” ed è stata una grande gioia per me. Essere capaci di scrivere un libro, come ha fatto Lei, è una soddisfazione grande, come tutto il mondo. Un impegno … a leggere e … magari a soffrire … per il buio vissuto da Suo padre e Sua madre, è stata una prova di grande amore verso i suoi genitori. Ho iniziato a leggerlo e già … ho pianto. E’ una raccolta di lettere del cuore … narra la storia di un padre che soffre con dignità e che ama tanto! … narra la storia di una madre di “dolcezza infinita” che comunica tranquillità e pazienza.
Leggo: “Si potranno dire molte cose in avvenire; si giustificherà, si condannerà; si diranno molti se e molti ma, e si cercheranno responsabilità. A tutto ciò sono e resterò indifferente”
Oh! quale saggezza! Anch’io sono di questo parere perché la vicenda umana della mia famiglia con l’evento e la morte terribile di mio padre, richiamato a 49 anni, nella M.V.S.N.[1] (che lui ha rifiutato) è stata messa a tacere.
Avevo 18 anni, quando nel giugno 1940, sono andata ad Alessandria a prendere il cadavere di mio padre, ammazzato e buttato nel Tanaro … perché voleva servire la Patria negli alpini (già lo era stato per 9 anni). La mia povera mamma è morta a 59 anni, in balia della solitudine. Io … ho preso schiaffi dal Console della Milizia, con il rischio di farci bruciare la casa, perdere il senso della vita, la dignità della persona, dei diritti umani e civili.
Il suo grande papà ha detto: “Non comprenderebbero nulla”. Ed abbiamo taciuto. Eravamo quattro sorelle, con la mamma tanto provata (non una lira di pensione, mai … perché il cielo era diventato vuoto e freddo). Un crimine che abbiamo taciuto, un episodio di morte che … solo noi … in silenzio … abbiamo pianto.
Perdoni, carissimo Dottore, se ho aperto il cuore con Lei: ho conosciuto, attraverso questa opera inimitabile, la Loro nobiltà, la Loro amabilità, la Loro operosità e la Loro insuperabile umanità.
Lei mi ha trasmesso gli insegnamenti del Vangelo: “Onora il padre e la madre” e tutto ciò che contiene.
Diceva S.Agostino: “Più dolce di tutte le dolcezze della vita è l’amicizia” e Lei … me l’ha offerta in abbondanza.
Vorrei essere capace di scrivere anch’io un libro (la mia vita è un romanzo e … piena di vuoti che … trasformo in tanti sorrisi e preghiere). Sono vecchia, ma cerco di reggere bene … come un muro antico (come la mia vita) con tanta fede, noncurante delle rughe; le accetto come un velo … pieno di poesia radiosa che mai tramonta.
Un fraterno abbraccio.



[1] Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale

sabato 23 maggio 2015

Legame di cose tenere profonde semplici


Nadia Bertolani
Poter restituire il passato al presente, poter appropriarsi delle parole dette o scritte molto tempo prima, poter ricostruire le tracce di un percorso, le sue tappe, i suoi esiti. Questo lo può fare solo la letteratura.

venerdì 22 maggio 2015

E' bello che ...


Maria Socino

E' bello che alcuni degli scambi epistolari di quel tempo, tra chi era al fronte e chi, a casa, conduceva una vita di attesa, si siano salvati dal "cestinamento" cui spesso i vecchi scritti vanno incontro.
E’ bello che le lettere inviate siano andate incontro al loro destino, raggiungendo i destinatari (ma chissà quante si saranno perdute!)
E’ bello che le due persone coinvolte nel carteggio abbiano avuto cura di conservare.
E’ bello che un figlio abbia preso tra le sue mani queste preziose carte, abbia dato loro un ordine e le abbia "confezionate" in un libriccino (ma quanto ricco di notizie e di significato!) che possiamo leggere come testimonianza di un rapporto che ha attraversato, rafforzandosi, il periodo della guerra con tutte le sue difficoltà, angosce, incertezze e timori.

Ci si sente un po’ "guardoni" a leggere parole e affettuosità destinate ad una precisa persona ... la volontà di chi scriveva non era sicuramente quella di essere letti da "altri"! Ma come potrebbero, Angela e Gualtiero, non approvare che una testimonianza di tanto valore raggiunga un pubblico sensibile e interessato?

giovedì 21 maggio 2015

Pagine irresistibili


Carla Palazzo

Al libro del tenente medico "Prigioniero 589" in cui Gualtiero Marello scrive pagine di storia vera, che comunicano a chi legge l'ansia e l'angoscia del terribile tempo della seconda guerra mondiale, da cui sembrava non si potesse uscire, segue un altro libro dello stesso autore intitolato "Ti giungano, lettere d'amore e di guerra".
Si tratta di una eccezionale raccolta di lettere in cui il tenente medico, scrivendo alla moglie descrive, senza una parola di retorica, ma con uso perfetto della lingua, le sue esperienze in Grecia negli ospedali militari. Le lettere che il dottore riceve dalla sua amata Angela tardano a giungergli per la lentezza del servizio postale, ma conoscere le trasformazioni dei suoi bimbi, che lo aspettano con ansia, lo rincuorano e cancellano ogni paura.
Nelle pagine di questo testo compaiono lo spavento, l'amarezza, lo sconforto, ma soprattutto l'amore per la moglie, per i suoi figli, la speranza e la fede. Sono pagini semplici, ma irresistibili, perchè in esse primeggiano i valori più belli e preziosi della famiglia. Un pensiero per congratularmi con chi ha dato alla stampa questo libro che sembra destinato a resistere all'usura del tempo.

Sapevo e ho saputo


Luigi Mura

Carissimo dottor Alberto,
Come abbonato della Gazzetta d’Asti seppi già della pubblicazione del diario e delle lettere del dottor Marello. Subito desideravo avere i libri, però mai vi riuscii e non ricordo per quale motivo; non era tanto facile essendo che io ad Asti ormai ci vado poco e sempre vado frettolosamente occupandomi delle cose di prima necessità. E’ stato solo pochi giorni fa che monsignor Guglielmo Visconti mi ha regalato i volumi. Li ho “divorati” immediatamente d’un solo fiato; di solito al mattino mi occupo delle cose più difficili e lascio al poi le cose più facili, ma questa volta invece ho tralasciato tutto e mi son dato a leggere il graditissimo regalo.
Siccome già sapevo che gli appunti erano per la sua cara consorte pensavo che si trattasse di comunicazioni affettuose cui naturalmente si scambiano i sinceri coniugi, e come solo in “Ti giungano” si è fatto; ma in principio non fu così. Si trattava di un documento storico; ed io amo tanto la storia e quindi man mano che andavo leggendo tanto più cresceva l’appetito.
Sapevo già della crudeltà dei tedeschi per aver avuto un fratello (1920) loro prigioniero, essendo anche lui fatto prigioniero in Jugoslavia e quindi deportato in Germania dopo quell'otto settembre memorabile. Però per merito del dottor Marello ne ho saputo di più; ed ho appunto saputo dello stato dei poveri infermi che disgraziatamente hanno subito in quell'infelice periodo; perciò un grazie speciale all'indimenticabile caro dottor Marello.

Sta bene, scrivi, ricordaci ed abbiti riguardo

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Lui, tenente medico, è richiamato in guerra per prestare servizio in vari ospedali militari; lei è sfollata in campagna con due figli piccoli. Le lettere li uniscono nella distanza; notizie dal fronte si alternano agli aggiornamenti su un quotidiano di ristrettezze e tensione. Sullo sfondo gli orrori della guerra e l'amore reciproco, in un ritratto a due sempre proiettato verso il ricongiungimento.                    


Fondazione archivio diaristico nazionale


 


lunedì 18 maggio 2015

Umanità tedesca


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Una guerra a parte. 
I militari italiani nei Balcani 1940-1945
Autore Aga-Rossi Elena; Giusti M. Teresa
Prezzo di copertina € 33,00
2011, 660 p., ill., rilegato        
Editore Il Mulino  (collana Biblioteca storica)

Gualtiero Marello rimase a svolgere le funzioni di medico ad Atene nel campo di internamento dove transitavano i prigionieri italiani diretti in Germania, raccogliendo le loro testimonianze. 



Da Creta un’altra nave con altri 4000 italiani, a due ore di viaggio dal porto di partenza, è stata silurata; si sono salvati 400 nostri connazionali, in gran parte feriti. Mi racconta più tardi uno dei quattrocento, che i tedeschi hanno lanciato nelle stive, ripiene e ribollenti del terrore della morte, bombe a mano; hanno mitragliato chiunque ha cercato di salire in coperta; hanno mitragliato qualsiasi italiano che, in acqua, ha cercato di appigliarsi a qualche mezzo di salvataggio; hanno rifiutato qualunque aiuto e negata ospitalità sulle loro scialuppe. E’ in tale circostanza che ha trovato la morte un capitano medico ed un altro subalterno pure medico. Il primo, salito sopra un barcone, è stato colpito al capo da una revolverata e lanciato in mare. La maggior parte dei salvati è stata tratta a riva da battelli greci. La partenza da Creta, via mare, rappresenta nel 90% dei casi un rischio mortale; in seguito a questo e ad altre perdite, soltanto gli aerei sono stati usati per lo sgombero dei prigionieri. 

domenica 17 maggio 2015

Silenzio

Mario Avagliano
Marco Palmieri
Gli internati militari italiani
Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945
2009
Passaggi Einaudi
pp. LXVI - 338
€ 20,00
ISBN 9788806202361
Introduzione di Giorgio Rochat
Giulio Einaudi editore


“Si potranno dire molte cose in avvenire; si giustificherà, si condannerà; si diranno molti se e molti ma, e si cercheranno responsabilità. A tutto ciò sono e resterò indifferente: per me soltanto resterà la miseria che ha accompagnato la mia vita per oltre 11 mesi, fino ad oggi, fino a quando terminerà …”
La vicenda degli internati militari italiani è sempre molto coinvolgente, fa entrare in un mondo quasi sconosciuto, un mondo dove Onore, Fedeltà e Coraggio non mancano. Gli IMI erano persone con grande dignità, che non si sentivano eroi perché ritenevano di aver semplicemente compiuto il loro dovere, ma non è sicuramente stato semplice. Non hanno mai avuto un riconoscimento, non hanno mai chiesto niente. Gli IMI sono i dimenticati, di loro si son dimenticati tutti. Sono gli abulici, i paurosi, i vili, i traditori, gli aggressori, i mussolini, i fascisti, i badoglio, i makkaroni.     

venerdì 15 maggio 2015

La vicenda dimenticata


Storia e futuro 
Gianluca Rossini

“Potremmo passare giorni e notti l’uno accanto all'altra, a chiedere e rispondere su un’infinità di cose che tu supponi neppure: di cose che ho visto ed ho sentito, di fatti che ho intuito dalla prudenza dei segni e dall'eloquio delle occhiate; di drammi che hanno emaciato fino all'inverosimile i volti di molti italiani, di tragedie che hanno fatto piangere lacrime di sangue a molti giovani con una colpa uguale alla mia, con un destino più crudo del mio. Non so neppure se vorrò dire tutto; perché credo che quando avrò riguadagnato il conforto e la pace della mia famiglia, si quieterà in me l’ansia dei giorni trascorsi e prevarrà un solo desiderio: quello di dimenticare, di dimenticare tutto perché tutto è brutto, doloroso, cupo, vergognoso”.
Così scrive l’ufficiale medico Gualtiero Marello alla moglie il 25 luglio 1944, internato nei pressi di Atene. In questa frase si riassume gran parte della vicenda, pressoché dimenticata, degli IMI, gli Internati militari italiani. Questa lettera, insieme ad altre lettere e diari, fa parte del lungo lavoro di ricerca e riordino che Mario Avagliano e Marco Palmieri hanno sintetizzato nel libro, edito da Einaudi, Gli Internati Militari Italiani: Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945.

Le vicende della seconda guerra mondiale sono state, negli anni, ampiamente studiate ed approfondite nei vari aspetti che l’hanno caratterizzata: il fascismo, il nazismo, la Shoah, la Resistenza. Tutti questi aspetti sono noti, almeno nei loro tratti principali, a tutti gli italiani, anche grazie all'ampia trattazione che la scuola e la filmografia hanno prodotto negli anni. Questo non vale per quanto riguarda il destino che colpì i 710000 circa militari italiani, sorpresi dall'improvvisa ed inaspettata notizia dell’armistizio dell’Italia l’8 settembre 1943 e poi deportati nei lager nazisti. Tale vicenda, non solo è stata per lungo tempo affatto trattata ed analizzata dagli storici e dalla politica ma, ancora oggi, è pressoché sconosciuta alla stragrande maggioranza della popolazione italiana e probabilmente non potrà mai essere conosciuta in modo esaustivo. Il giorno dell’armistizio viene comunemente definito lo “sbandamento”, ovvero il giorno in cui l’esercito si trasformò in “esercito di sbandati”, senza più uno stato maggiore a dettare le direttive, senza più il supremo comandante, il re, come punto di riferimento ... 

giovedì 14 maggio 2015

La lettera e frammenti di storia


Marco Palmieri
Mario Avagliano 

... Per salvare quante più vite possibili tra i propri compagni, i medici-internati si danno da fare per allestire sanatori, convalescenziari, sale operatorie ed infermerie delle quali troviamo ampie tracce nei diari e nelle lettere, oltre che nelle memorie successive. In Grecia, in uno dei campi dove i tedeschi raccolgono i militari italiani sopravvissuti agli eccidi nelle isole dopo gli episodi di resistenza e il drammatico trasporto via mare, il tenente medico Gualtiero Marello, prigioniero numero 589, riesce ad ottenere dai tedeschi nulla più che qualche branda, un po’ di coperte e una piccola quantità di medicinali indispensabili.
“L’infermeria – annota Marello nel suo diario – è adattata in un camerino ripostiglio, di fronte al cancello d’entrata del padiglione principale. Deve funzionare per oltre duemila uomini, tutti in pietosissime condizioni. Trovo un po’ di paglia stesa a terra e già una trentina d’ammalati adagiati, in preda per la massima parte ad enterocoliti sanguinolente. Alcuni infermieri hanno iniziato, con le poche medicine che sono riusciti a portare seco, la loro opera di assistenza, medicando con mezzi di fortuna le innumerevoli piodermiti, escoriazioni e le ferite; poi, per il dilagare delle forme tipicamente dissenteriche e per i numerosi casi di indubbia gravità”.
Con l’affollarsi del campo, la situazione si fa più drammatica: “Scabbia spettacolare, diffusa a tutto il corpo, con spettacolare devastazione e deformazione d’organi per complicazioni sopravvenute; piaghe enormi infette, articolazioni gonfie e deformi, ulcere laceranti monumentali, peni in cancrena, foruncoli ovunque, accessi malarici in atto, e pidocchi e pidocchi. Dio, quanti pidocchi, grossi, enormi, e quanta sporcizia, quanta miseria”.  
La ricerca storica su questi temi, negli ultimi anni ha fatto notevoli passi avanti. In particolare, per quanto riguarda gli oltre seicentomila militari internati nei lager o avviati al lavoro coatto per aver rifiutato di aderire all’esercito tedesco e a quello della Repubblica Sociale Italiana, agli studi approfonditi e dettagliati di due autori tedeschi, Gerard Schreiber e Gabriele Hammermann, hanno fatto eco quelli degli italiani Giorgio Rochat, Nicola Labanca, Claudio Sommaruga ed altri.
Ma, come lo stesso Sommaruga va sottolineando da tempo, la ricostruzione storica di tale vicenda presenta ancora ampie lacune e temi praticamente inesplorati, innanzitutto a causa della scarsa disponibilità delle fonti d’archivio, volontariamente distrutte dai nazisti, andate perdute tra Germania e Italia o disperse tra milioni di documenti relativi a tutti i militari impegnati nel secondo conflitto mondiale.
Con il passare degli anni, inoltre, si assottiglia anche il numero di ex-IMI ancora in vita e in buona salute, ai quali ricorrere per chiarire, spiegare e decifrare questioni e fatti di quel periodo.
Ai diari e alle lettere, dunque, uniti alla ricerca storica, va il merito di restituirci frammenti salienti di questa storia.
In "Rassegna" ANRP n. 10/11/12 Anno XXIX ottobre-dicembre 2006

Un solo desiderio: dimenticare tutto ...


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Gualtiero Marello, catturato dai tedeschi all'indomani dell’armistizio, durante la prigionia rimase nei lager nei pressi di Atene, dove venivano concentrati i prigionieri italiani prima di essere deportati in Germania. Qui Marello continuò a svolgere la sua attività di medico, fino alla liberazione, nell’ottobre del ‘44 (ad Asti arriverà soltanto nell'estate del '45).
Il documento è una lettera alla moglie Angela (Nini) Delfino, scritta fronte retro su tredici fogli di carta velina formato A4, consegnata dall'autore a un collega di rientro in Italia.                     

mercoledì 13 maggio 2015

Kriegsgefengenenlazarett

Alessandro Ferioli - Qui si muore di fame -

Anno: 2006
Tipo supporto: Periodico cartaceo
Pagine: 336
Prezzo di copertina: € 20,00
Prezzo scontato online: € 18,00
Informazioni
Area Editoria e Servizi
Referente: Rodolfo Taiani
tel. +39 0461 264660
editoria@museostorico.it
Fondazione Museo storico del Trentino
tel. +39 0461 230482
fax +39 0461 1860127
info@museostorico.it
Posta PEC: info@pec.museostorico.it



Gualtiero Marello

Nel nostro piccolo reparto oltre 300 ammalati menavano la loro vita grama e con essi, complessivamente, tre medici e 12 fra infermieri e uomini di servizio. 
Mi riferisco al periodo di prigionia trascorso nel Kriegsgefengenenlazarett, reparto ospedaliero internazionale dei prigionieri di guerra di Atene, che riceveva ammalati dai due campi di concentramento della capitale e dai campi di lavoro disseminati in tutta la Grecia meridionale, nel Peloponneso e negli arcipelaghi ...
Non mi soffermerò sulle condizioni di vita, se non per ricordare che esse erano quanto di più miserabile si possa immaginare, e che in tali condizioni la mancanza di tutto ciò che è d’estrema necessità per la vita fisica e morale dell'uomo, sole, luce, aria, pulizia, libertà non poteva non avere la sua importanza, così come doveva averla il diuturno affanno per l'immediato domani, per la propria vita e della famiglia, che prostrava spirito e corpo nel gioco sfibrante delle emozioni. E' su questa massa che le condizioni di vita influivano, su questa massa informe di creature, amorfa, già provata da tutti i disagi dei viaggi per terra, e dai terrori dei viaggi per mare, chiusa nelle stive dei caicchi per giorni e per notti, sudicia, stracciata, scabbiosa, pidocchiosa, maltrattata, avvilita, affamata, assetata, coatta in tutti i sensi.

Giuseppe Cangiano

Gent.mo Dott. Alberto Marello,
innanzi tutto le chiedo scusa per il ritardo con cui Le do riscontro di aver ricevuto il libro unitamente alla fotocopia del breve scritto di Mio padre al Suo. Problemi personali mi hanno solo di recente consentito di leggerlo. Ho potuto così avvertire intimamente la grande umanità che pervade tutto il diario e la serenità che i nostri Padri hanno saputo mantenere nello svolgere la loro professione in condizioni così difficili per se stessi e per i poveri pazienti. Allora era veramente giusto considerare l’esercizio della professione medica al pari di una missione, oggi non più e lo scrivo con molta malinconia.

lunedì 11 maggio 2015

L'opera dei sanitari internati


Alessandro Ferioli

Una valutazione complessiva dell’opera dei sanitari internati nei campi di prigionia germanici deve tener conto, a mio giudizio, dei seguenti elementi. In primo luogo, in quanto fortemente limitati dalla scarsità o mancanza di farmaci e di strumentazioni, i medici si trovarono spesso nell'impossibilità di effettuare prescrizioni diagnostico-terapeutiche idonee alle malattie, col risultato d’incrementare di necessità la vicinanza col paziente come conforto e sostegno alla speranza, ampliando le funzioni relazionale e palliativa della professione al fine di lenire la sofferenza fisica e psichica dei malati, e adoperandosi in tutti i modi per migliorarne la qualità della vita. E’ illuminante al riguardo un’annotazione del Dott. Gualtiero Marello, in cui mi sembra valorizzata una visione “alta” di atto medico inteso come cura del malato piuttosto che della malattia:

“Quante volte ho parlato di pazienza! Quanto è difficile nel male, nel dolore, nella sofferenza, convincere alla pazienza! Pazienza se hai fame, se hai sete, freddo; pazienza se ti consuma la febbre, se ti strazia le viscere il dolore; pazienza se ti manca la rassegnazione e gridi e bestemmi e t’assale la disperazione; pazienza se piangi, se vivi, se muori; pazienza sempre. Devi dirlo con calma, ragionando, sorridendo, perché almeno la tua calma e il tuo sorriso, se non la parola, sappiano inspirare fiducia!”

A questa considerazione non è estraneo il fatto che negli ospedali-lager si è sbriciolato il “muro” che normalmente divide chi patisce e chi cura, superando così il consueto stato di minorità dell’ammalato rispetto alla consolidata superiorità di chi detiene le conoscenze atte a guarire: nessuna incomprensione o diffidenza reciproca poteva esistere tra persone accomunate dalla stessa sofferenza, dalla stessa fame e - non di rado - dalle stesse malattie. Proprio per un senso di intimo rispetto del malato, i medici più attenti si preoccuparono anche di operare un’equa distribuzione delle risorse disponibili, evitando trattamenti preferenziali in funzione del grado e smascherando i simulatori. Di fronte a una molteplicità di ferite e patologie diverse, il medico militare (spesso già impratichito da un’intensa esperienza come medico di battaglione) ha dovuto invertire la tendenza, già in atto allora e oggi ancora più marcata nella professione civile, ad agire nel ristretto ambito della specializzazione acquisita (organizzata per tipologia di pazienti, per organi e apparati o per malattie), recuperando invece una solida pratica di medicina generale improntata alla ricucitura dei dettagli delle conoscenze in una visione unitaria del malato e caratterizzata da una spiccata duttilità. Con poche eccezioni, la maggior parte dei medici e degli infermieri militari, pur in circostanze così difficili, dettero prova di grande fedeltà ai principi deontologici della professione, nonché a quelli civili e cristiani di solidarietà, pietà e umanità (per non dire dei medici che, quand'anche non impegnati come tali, si adoperarono ugualmente secondo le loro possibilità).

venerdì 8 maggio 2015

Osservazioni cliniche


Ernesto Damiani
Professore associato di fisiopatologia presso l'Università di Padova

A distanza di 60 anni dai fatti narrati, la relazione del tenente medico Gualtiero Marello sorprende per la sua intelligenza e per la capacità di stimolare l’interesse, su una forma di patologia, la malnutrizione primaria (cioè determinata da una carenza dietetica), che è ormai argomento trascurato in Italia, in ragione dell’aumentata ricchezza del Paese. Il tenente Marello riporta le sue osservazioni cliniche derivate da un ampio campione di prigionieri italiani, relativamente omogeneo per età. La dieta somministrata ai prigionieri era carente in assoluto per apporto calorico, ed era certamente complicata da una carenza selettiva di proteine e di vitamine. Sulla base di queste osservazioni, il tenente Marello deduce il concetto, oramai del tutto accettato, dell’individualità della risposta dell’organismo riguardante sia la progressione della malattia che la gravità della sintomatologia, a fronte della relativa eguaglianza della carenza dietetica. Marello identifica tre fattori fondamentali, che condizionano gli esiti della malnutrizione primaria: 1) un fattore endogeno, che oggi sappiamo essere la genetica individuale; 2) la presenza di fattori condizionanti, quali l’attività fisica; 3) il sovrapporsi di stati di malnutrizione secondaria, dovuti a fattori quali vomito, diarrea, e malattie intestinali, che, indipendentemente dall'apporto dietetico, influiscono sull'assorbimento dell’alimento. Per l’acutezza delle sue osservazioni, non ultime quelle sulla relazione patogenetica fra sintomatologia e carenze selettive di proteine, vitamine e sali minerali, la relazione del tenente Marello si qualifica come un importante contributo, che testimonia della elevata qualità della Scuola Medica italiana del tempo.

venerdì 1 maggio 2015

Qui si muore di fame



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Include un’interessante relazione inedita del dottor Marello sulle sindromi da carenza alimentare: si tratta di un ulteriore contributo – redatto nel periodo immediatamente successivo al rimpatrio e oggi custodito nell’archivio famigliare privato del dott. Alberto Marello – che si aggiunge alla letteratura clinica sulle patologie da internamento, consentendo un più esatto inquadramento scientifico delle sofferenze patite dagli internati militari italiani.

giovedì 30 aprile 2015

Nessuno deve dimenticare

Buongiorno Signor Alberto,
Il suo recapito e-mail mi è stato gentilmente dato da Marco Ficarra. Sono Borsieri Ilaria la nipote di Lepri Mariano, ex internato militare italiano. Mio nonno ha fatto parte della Divisione Casale e da quello che ho letto sul blog "8 settembre 1943" credo che Mariano abbia svolto lo stesso iter militare in Grecia di suo padre Gualtiero.
Leggere quel post mi ha commosso molto, ammiro la sua decisione di aver fatto stampare a sue spese le memorie di suo padre, e come lei sono orgogliosa di mio nonno che ha lottato sempre per gli ideali di libertà, di pace contro ogni forma di razzismo e di guerra.
Anche io ho finito l'anno scorso di scrivere un libretto sulla vita di mio nonno e spero di realizzare il mio sogno di una possibile pubblicazione anche se non escludo di stamparlo a mie spese, prima o poi.
Sono da anni interessata alla storia dei Lager e della Deportazione, ho collaborato e sono in contatto con le associazioni dei reduci e degli ex internati e qualche anno fa ho ritrovato, tramite un lungo lavoro di ricerca, un amico di prigionia del nonno, con la famiglia del quale sono tutt'ora in contatto.
Ho scritto alla casa editrice del libro da lei pubblicato poiché mi interesserebbe molto leggerlo e poter immaginare che suo padre e mio nonno potessero essersi conosciuti. Spero che mi rispondano e di poter leggere le vicende di suo padre. Sperando di ricevere una sua risposta, la saluto cordialmente e visto l'approssimarsi della Santa Pasqua le invio anche tanti auguri,
Borsieri Ilaria

Che bella sorpresa!
Ti confesso che quando decisi di pubblicare il diario di papà, con l’aiuto di internet e di tutte le sue potenzialità, vi fu un periodo di desiderosa ricerca di coloro che condivisero quei tragici momenti. Anche se gli indizi erano pochi, a volte solo il nome e cognome, l’indagine risultò efficace e riuscii a contattare figli e i nipoti. In un caso sentii, in un commovente colloquio telefonico, l’infermiere Vanucci di Riccione; era anch’egli internato con papà al campo numero 2 di Atene. Pochi giorni dopo avergli inviato il libro ricevetti una sua telefonata mista di commozione  e pianto. La telefonata si chiuse con “nessuno deve dimenticare, tuo padre è stato interprete di un eroismo quotidiano, nessuno deve dimenticare storie come quelle del dott. Marello. Non lo sentii più.
In allegato ti invio l’organico dei militari internati  di servizio all'infermeria del concentramento Dulag. 135 di Atene. Altri nomi come Pincelli, Sabbatani, Suzzi, Orta, Fontanili, sono stati compagni di viaggio dall’inizio della prigionia cominciata il 9 settembre 1943. Quanti altri, compreso tuo nonno, si diressero da Agrinion verso le paludi di Missolungi e poi destinazione Atene!
La casa editrice Espansione Grafica sas , Reg. Perno 147-148 - 14033 Castell'Alfero (AT) - tel. 0141 405744 - 0141405777 fax.0141 405052 info@espansionegrafica.it dovrebbe soddisfarti. In caso contrario, su tua richiesta, mi attiverò personalmente per fartelo avere. In ultimo, ma non so dove abiti, il libro è stato distribuito in varie biblioteche, associazioni e istituti della resistenza.
Sul “libretto” che vuoi pubblicare io ti sostengo e ti incito perché nessuno deve dimenticare storie come quelle di Lepri Mariano.
Tanti auguri di Buona Pasqua
Alberto Marello

 http://www.astilibri.com/cultura/prigioniero_589.htm



Gualtiero Marello 

PRIGIONIERO 589
 
editore ESPANSIONE GRAFICA 
edizione 2002 
pagine 160 
formato 15x21 
brossura con alette 
tempo medio evasione ordine 
2 giorni 

15.00 € 


lunedì 27 aprile 2015

Foto d'epoca raccontano il diario e le lettere di prigionia.

Le fotografie mi sono state inviate dall'amico Dimitris Mourkas

Agrinion è divenuta sede del Comando dell’VIII° Corpo di Armata e sede del comando di una divisione tedesca. Il territorio, su cui si estende la giurisdizione di tali comandi, è molto vasto.


L' ospedale della divisione ad Agrinion


1943 La piazza centrale di Agrinion


"Il viaggio si compie lento, monotono, se monotono può essere. La desolata campagna greca, i miseri villaggi, la folla incolore del popolo. Ripasso per la Venezia della Grecia, Attolikon: un insieme di casupole su palafitte in mezzo" alle paludi formate dal mare. Paesaggio senza storia e senza poesia. La storia passata non conta più, ad Attolikon regna la malaria e la morte.


Attolikon


Due carabinieri nella foto


La stazione ferroviaria di Attolikon con un soldato italiano



La Divisione fanteria "Casale" nella città di Missolungi

Missolungi è una cittadina greca senza alcuna pretesa: tipicamente greca nella povertà. Per giungervi dal mare, bisogna superare per lungo tratto dei bassifondi, lungo una rotta obbligata segnata da boe. Nei pressi della costa, ampie zone paludose sono delimitate da strette strisce di terra ricoperte d'erba e di sterpaglie, su cui vivono la loro grama vita poche famiglie nelle capanne di fango e canne"




"Un pontile di legno ed una banchina in muratura sono l'unica attrezzatura del piccolo porto; un capannone è la sola importante costruzione. "




1941 - Il porto di Missolungi

Sotto la capace fronda di un secolare albero collochiamo i nostri letti e, prima fra tutte le cose, provvediamo per le zanzariere. Gli ulivi di Missolungi sono famosi per avere donato la malaria, in prevalenza perniciosa, a migliaia di nostri soldati. Non v'è altro mezzo per difenderci: porci al riparo di una sicura zanzariera, dalla prima sera al mattino. 


Camion italiani a Missolungi sotto gli ulivi

Nel nostro campo, come in tutti i campi vicini, è un continuo pellegrinaggio di contadini greci, di povere creature, di pezzenti, di miserabili, uomini e donne che sbucano da tutte le parti, alla ricerca di qualunque oggetto o recando polli o uova da vendere o da commutare.


L'infermeria è collocata nella caserma di S. Attanasio. C’è un servizio d’ambulatorio con lo scopo di stabilire l'idoneità o meno dei soldati, che si dichiarano ammalati, ad affrontare le fatiche della marcia.


La caserma di S. Attanasio c'è ancora ed è campo dell'esercito greco


domenica 26 aprile 2015

Una toccante pubblicazione


Card. Angelo Sodano

Preg.mo e caro Sig. Marello,
Ho ricevuto con molto piacere la cortese lettera, con la quale Ella, ha voluto inviarmi una copia del Suo libro dal significativo titolo "Prigioniero 589", contenente i sofferti appunti che Suo Padre, l'indimenticabile Dott. Gualtiero, ha redatto durante la prigionia patita in Grecia, durante la II Guerra Mondiale.
Mentre esprimo sentiti ringraziamenti per il cortese pensiero, desidero manifestarLe vivo compiacimento per la bella iniziativa, con la quale ha voluto giustamente onorare un uomo buono e un generoso servitore della Chiesa, che anch'io ricordo con ammirazione. Auspico, inoltre, che quanti leggeranno le pagine della toccante pubblicazione siano spronati ad onorare il benemerito Dottore, coltivandone la memoria e imitandone gli esempi.
Insieme con l'augurio di ogni bene, mi è gradita la circostanza per inviarLe un cordiale saluto.

sabato 25 aprile 2015

La storia è fatta di uomini


Guido Bodrato

Il tenente Marello aveva raggiunto l’ospedale militare di Agrinion alla vigilia dell’8 settembre.
Non a caso i suoi appunti iniziano con la cronaca della dissoluzione dell’esercito regio. Per molti storici l’8 settembre rappresenta la fine dell’idea di patria, mentre per altri in quei giorni iniziano il riscatto morale dell’Italia e la ricostruzione di quel sentimento nazionale che era andato distrutto col fascismo. Quello di Marello è il racconto di un giovane ufficiale travolto dallo sbandamento.

La dura vita del lager è descritta nella sua quotidianità, nelle sue imprevedibili contraddizioni, nell'intreccio tra repressione e mercato nero, tra il bisogno di sopravvivere alla fame e la volontà di conservare qualche dignità. Di una dignità che è messa alla prova dall'adesione, intesa come “partecipazione consacrata da un giuramento alle forze armate del Reich, col beneficio di una certa libertà e del mangiare.”  

Marello ricorda molti personaggi, italiani e tedeschi, medici e cappellani, ufficiali e soldati, uomini e donne che reagiscono in modo molto diverso alla situazione in cui si trovano. Questo è un aspetto che la “storia ufficiale” in genere trascura. Eppure la storia è fatta di uomini, delle loro virtù e delle loro debolezze, ed in certe circostanze queste sono le cose che fanno la differenza e che danno la misura degli uomini, specie nella sventura della prigionia, quando c’è chi muore di fame, non volendo morire, e bisogna sopportare il tormento della nostalgia.

“Nella mia vita, scrive Marello, quella greca è stata una parentesi”. Bisogna saper tornare alla vita e ritrovare la speranza, come ha fatto l’Italia dopo la disfatta del fascismo. Ma  aggiunge subito che quella greca è stata anche la prova del fuoco, la prova del diavolo, la prova di Dio. Ha dovuto misurarsi fino in fondo con la propria coscienza, sorretto dalla fede cristiana e dal ricordo della famiglia che lo aspettava.

In presa diretta


Guglielmo Visconti

Ora ti affido questi ricordi che sono scritti solo per te… A te mia Nini…
Nini, la sposa, li riceve, li legge e rilegge ed è come sentire accanto e riabbracciare Gualtiero. Li custodisce con amore anche quando Gualtiero finalmente è restituito a lei e ai figli e le vive accanto. Continua a custodirli, e con più intenso affetto, nei lunghi anni della vedovanza, dal 1971 al 1999, quando i figli si inoltrano nella vita e nella professione e formano nuove famiglie.
A distanza di quasi sessant'anni da quando furono scritti sono ora anche nelle nostre mani. Nelle mani di quanti Gualtiero hanno conosciuto da vicino, e son sempre meno, e dei tanti che di persona e da vicino non l’hanno conosciuto, ma desiderano far memoria di quegli anni, desiderano soprattutto ascoltare in presa diretta i testimoni di quegli eventi, soprattutto quelli che come Gualtiero hanno pagato di persona con ammirevole coerenza e limpidezza di coscienza. Eventi che pur lontani son sentiti come parte viva delle nostre radici.
Sono appunti scritti in uno stile essenziale, umanamente intenso, che conferisce ad essi la capacità di comunicare con immediatezza e di coinvolgere il lettore. Sono testimonianza limpida e schietta di grande umanità e di fede profonda. Si percepisce immediatamente che in Gualtiero l’uomo e il credente non sono semplice sovrapposizione, ma sono solida unità che garantisce consistenza interiore alla persona e la apre a relazioni umane intense ed autentiche.




domenica 19 aprile 2015

Il passaggio per l'inferno



Carlotta e Alberto Guareschi

Gentilissimo dottor Marello, 
da anni raccogliamo testimonianze e documenti sulla vicenda degli Internati Militari, e abbiamo messo insieme un archivio "sentimentale" al quale teniamo moltissimo. Stiamo leggendo gli "appunti di prigionia" di suo padre: sono pagine belle, precise e importanti, perché oltre ai fatti , visti con chiarezza, precisione e intelligenza, raccontano e spiegano quella tempesta che sconvolse le vite di tanti giovani e che li mise davanti a una scelta per niente facile. Immaginiamo quello che avete provato leggendo, riga dopo riga, il passaggio per l'inferno dei Lager. Come molti figli di ex internati ci sentiamo in un certo senso "derubati" proprio da nostro padre, di una parte del suo passato, per quella forma di "rimozione" comune a tanti di loro (..non parlerò ... non comprenderebbero nulla"...). Rimozione che aveva contagiato anche nostra madre: non ci hanno mai parlato delle sofferenze di quel periodo, al massimo ricordavano gli espedienti e le difficoltà della vita di tutti i giorni, probabilmente per il timore di caricare sulle spalle di noi figli il peso del dolore e dell'angoscia provati.
Leggendo diari come quello di suo padre si finisce per volergli bene. Era proprio un galantuomo all'antica. Sapesse quante cose comuni al nostro abbiamo trovato: la fiducia nella Provvidenza, alla quale si affidavano e sulla quale contavano per sopportare il peso di quella che ritenevano una giusta scelta, con tutte le incognite che comportava, l'ironia buona nell'annotare le debolezze dei compagni, ad esempio il tormento più che della fame, della paura della fame, la fermezza incrollabile.
Avete fatto bene a pubblicare questo diario. E' il modo giusto per far conoscere questo episodio unico nella Storia per il numero di coloro che hanno dato vita a questa Resistenza senza armi, per la durata, per i principi che hanno determinato la scelta dei reticolati. Ma tutte queste cose lei le conosce benissimo. Ci permetta di inviarle questi "Ricordi speciali" anche nelle condizioni dolorose e drammatiche nelle quali hanno vissuto, i nostri cari "non hanno vissuto come bruti".
Con sincera amicizia.